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Dai Greci a Galileo
parte quarta
di Franco Rama
"Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l'eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso."
Le "Grandi cose" del Sidereus Nuncius
Le rivoluzionarie e strabilianti scoperte rivelate da Galileo nel Sidereus sono ben descritte dalle sue stesse parole: grazie al cannocchiale da lui migliorato e sviluppato è possibile "...alla immensa moltitudine delle stelle fisse che fino a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, aggiungerne e far manifeste all'occhio umano altre innumeri, prima non mai vedute e che il numero delle antiche e note superano più di dieci volte". L'Universo, dunque, diventa più grande e Galileo ne spezza la rappresentazione come un insieme compiuto, ordinato e limitato di astri, tutti noti all'occhio umano.
Anche la Luna, primo bersaglio del nuovo strumento di osservazione, contraddice la cosmologia tradizionale secondo cui doveva essere liscia e perfetta come una sfera: "la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti".
Per mezzo di osservazioni che gli permettono di concludere che "La Galassia infatti non è altro che un ammasso di innumerabili stelle disseminate a mucchi..." e "inoltre (meraviglia ancor maggiore) gli astri chiamati finora dagli astronomi Nebulose son raggruppamenti di piccole stelle disseminate in modo mirabile..." Galileo sostiene "che tutte le discussioni, per tanti secoli cruccio dei filosofi, si dissipano con la certezza della sensata esperienza, e noi siamo liberati da sterili dispute." Pone così le basi del metodo scientifico, che ribadirà con veemenza nelle opere successive come Il Saggiatore, in cui afferma che "il libro della Natura [l'Universo] è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche" e soprattutto nel Dialogo sopra i massimi sistemi che però gli varrà l'incriminazione per eresia.
La più grande delle "Grandi cose"
Il Sidereus viene scritto soprattutto per "...rivelare e divulgare le notizie intorno a quattro PIANETI non mai dal principio del mondo fino ad oggi veduti, l'occasione della scoperta e dello studio, le loro posizioni, e le osservazioni condotte in questi due ultimi mesi sui loro mutamenti e giri...", notizie ottenute grazie a settantacinque osservazioni dei satelliti di Giove, delle quali ben sessantacinque corredate da illustrazioni.
Questa scoperta offre a Galileo l'insperata visione diretta di un modello in scala ridotta del sistema copernicano e ciò, unitamente alle scoperte delle fasi di Venere che non sono spiegabili nel sistema tolemaico e delle macchie solari (nemmeno più il Sole è perfetto ed incorruttibile!) lo porta ad affermare che queste scoperte sono "il funerale o più tosto l'estremo e ultimo giudizio della pseudo filosofia".
Lo scontro con la Chiesa
Galileo è convinto, come Keplero, Giordano Bruno e altri, che la visione copernicana sia una rappresentazione vera dell'Universo, mentre gli anti-copernicani sostengono che "...non è necessario che queste ipotesi siano vere e neppure verosimili, ma basta questo soltanto: che esse offrano dei calcoli conformi all'osservazione" (Osiander, prefazione al De revolutionibus). Per costoro quindi le teorie astronomiche erano solo dei meri strumenti per agevolare le previsioni sui moti celesti: è la cosiddetta interpretazione strumentalistica.
Infatti la tesi realista non poteva non apparire pericolosa per chi pensava che la Bibbia non potesse errare nelle sue affermazioni: "...la Terra rimane sempre al suo posto..." (Ecclesiaste, 1, 4-5) e "Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sulla valle di Aialon!" (Giosuè, 10, 13).
Questo è sufficiente per i Protestanti come Lutero e Calvino per condannare la teoria copernicana ed ancor più per i cattolici, secondo i quali l'interpretazione delle Sacre Scritture dipende dal magistero ecclesiastico e non da un credente qualsiasi, foss'anche Galileo!
È quindi scontro aperto tra l'interpretazione strumentalistica proposta dal Cardinal Bellarmino e rifiutata dal realista Galileo. Scrive infatti il Bellarmino che l'ipotesi copernicana "è cosa molto pericolosa non solo d'irritare tutti i filosofi e theologi scholastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante." insistendo che Galileo e gli altri sostenitori la considerino unicamente come una teoria matematica e non la realtà. Ma Galileo non ci sta e scrive le famose quattro lettere copernicane sui rapporti tra scienza e fede in cui sostiene l'autonomia della scienza rispetto alle Scritture: tutto ciò di cui possiamo aver notizia attraverso le "sensate esperienze" e "le dimostrazioni necessarie" è sottratto all'autorità delle Scritture. Il Sant'Uffizio reagisce e nel 1616 ammonisce Galileo di abbandonare l'idea copernicana e gli ingiunge, pena il carcere, "di non insegnarla e di non difenderla in alcun modo né con parola né con scritti".
L'abbattimento della cosmologia aristotelica
Nel 1632 pubblica il suo"Dialogo di Galileo Galilei Linceo, dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano". Nel proemio dell'opera Galileo scrive che la condanna del Copernicanesimo stabilita dalla Chiesa nel 1616 era stata una cosa seria e perciò "A questo fine ho presa nel discorso la parte Copernicana, procedendo in pura ipotesi matematica...": tutto fumo negli occhi, un trucco facilmente smascherabile!!
Nella prima giornata dei Dialoghi si dimostra l'infondatezza della distinzione aristotelica tra il mondo celeste (perfetto ed incorruttibile) ed il mondo sub-lunare (terrestre), mutevole ed alterabile; nella seconda si criticano gli aspetti osservativi che si adducevano contro la teoria copernicana; la terza è dedicata all'analisi e soluzione delle difficoltà contro il moto diurno e annuale della Terra mentre nella quarta Galileo presenta la sua convinzione che le maree siano il risultato dei movimenti di rotazione e rivoluzione della Terra. Tra le conclusioni Galileo stabilisce il principio della relatività dei movimenti: sulla base delle osservazioni meccaniche compiute all'interno di un determinato sistema, è impossibile stabilire se tale sistema sia in quiete o in moto rettilineo uniforme (la relatività ristretta di Enstein è un ampliamento di questa a tutti i fenomeni naturali, compresi quelli ottici e quelli elettrodinamici) e con l'esperimento mentale della nave Galileo distrugge di colpo le "esperienze" che andavano contro il sistema copernicano, rimpiazzandole con altre che lo sostengono: la relatività galileiana implica la fine dell'impetus, cioè del motore che dà inizio e mantiene tutti i movimenti: la fine del primo mobile aristotelico.
Le nuove accuse
Papa Urbano VIII di Bernini (1632) - WikipediaUrbano VIII viene convinto che nel Dialogo il personaggio di Simplicio, il filosofo aristotelico difensore del sapere costituito della tradizione, sia riferito a lui e in quanto tale un affronto e uno screditamento dell'autorità e prestigio papali. Inoltre Galileo viene accusato di avere sottaciuto la diffida del 1616 pur di ottenere l'imprimatur e per di più l'opera è in volgare anziché in latino, e ciò irrita la Chiesa. Anche il trucco del proemio è smascherato: "l'autore sostiene di aver discusso un'ipotesi matematica, ma le conferisce realtà fisica".
Il 22 giugno 1633 il Sant'Uffizio emette la condanna: "Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiariamo che tu, Galileo, ...ti sei reso a questo S. Off.o veementemente sospetto d'eresia, ...e sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni...imposte e promulgate.", alla quale fa seguito la richiesta di abiura: "Dalle quali siamo contenti siì assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li suddetti errori ed eresie...".
L'abiura, la fine ed il futuro
"Io Galileo...dell'età mia d'anni 70...inginocchiato avanti di voi Emin.mi e Rev.mi cardinali, in tutta la Repubblica Cristiana contro l'eretica pravità Inquisitori...con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie...e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione...".
Ma nonostante questo Galileo persevera nella sua idea e scrive l'ultima sua grande opera, pubblicata clandestinamente in Olanda, ma ancora una volta in italiano, nel 1638: i "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, attinenti alla meccanica e i movimenti locali" in cui ancora si criticano le concezioni aristoteliche del "vuoto", della caduta dei gravi ("se si levasse totalmente la resistenza del mezzo, tutte le materie discenderebbero con eguale velocità", affermazione dimostrata dall'astronauta David Scott, comandante della missione Apollo 15, facendo cadere sulla Luna una piuma ed un martello che arrivarono contemporaneamente al suolo). Nei Discorsi vengono formulate le leggi del pendolo, desumendole dalle osservazioni sperimentali e si descrive la celebre esperienza del piano inclinato, che sancisce definitivamente la necessità di costruire gli esperimenti per la dimostrazione delle teorie.
Galileo è comunque confinato ad Arcetri dove muore l'8 gennaio 1642, assistito da Vincenzo Viviani ed Evangelista Torricelli.
Il 25 dicembre 1642 nasce a Woolsthorpe-by-Colstelworth Isaac Newton che dirà, a proposito di Galileo: "Se ho potuto vedere più lontano degli altri, è perché sono salito sulle spalle di giganti".
Ma questa è un'altra storia...