- Categorie: La libertà sei in Astronomia
Dai Greci a Galileo...
Il pensiero astronomico nei secoli
di Franco Rama [parte prima]
Fig. 1. Eclisse parziale di Luna – 16 Agosto 2008 Cortesia: Anthony Ayiomamitis - Atene
L'Astronomia, prima ancora di diventare una Scienza, è senza dubbio stata un mezzo per comprendere e conquistare il mondo conosciuto.
Non è un caso se chi era in grado di dipanare i misteri dell'alternarsi del giorno e della notte, seguire ed interpretare il crescere ed il calare delle fasi lunari o associare eventi di particolare rilevanza alla levata o al tramonto di stelle peculiari, assumeva posizioni di grande rilievo all'interno delle comunità umane: sciamani, druidi, sacerdoti, aruspici...L'osservazione e la registrazione di questi elementari fenomeni astronomici ha permesso, tra l'altro, la misurazione del tempo con l'introduzione di calendari, ad esempio, che con vari "aggiustamenti" e perfezionamenti utilizziamo ancora oggi.
Ripercorriamo in questa breve serie di articoli quella che è stata l'evoluzione del pensiero astronomico negli ultimi 3000 anni, seguendo i percorsi, le intuizioni ed i colpi di genio degli astronomi del passato.
Gli albori
Iniziamo dagli Antichi Greci che in realtà non erano solo astronomi, bensì erano definiti con la qualifica ben più vasta di filosofi, termine composto di philèin, "amare", e sophìa, "sapienza", ossia "amore per la sapienza" che ben inquadra il loro intenso desiderio di conoscere, comprendere e poi divulgare tutti gli innumerevoli aspetti della natura che li circondava.
Considerato il primo filosofo, il più importante dei Sette Savi, Talete di Mileto (626-547 a. C.) fu lo scopritore della geometria, a lui sono attribuiti numerosi teoremi sui triangoli, e lo "studioso dottissimo delle stelle" come lo definisce Apuleio. Anzi, il suo interesse per l'astronomia era così elevato che Platone di lui ci dice che "Egli osservava gli astri e, avendo lo sguardo rivolto al cielo, cadde in un pozzo." A Talete si attribuisce la scoperta dei tropici, della fascia zodiacale e del meridiano; individuò nei cieli alcune "stelle erranti" e le riconobbe come pianeti che si spostavano rispetto alle stelle fisse e si dice che fu in grado di prevedere l'eclisse di Sole del 585 a. C. Tuttavia sostenne l'ipotesi di una Terra piatta e galleggiante sull'Oceano, eredità delle cosmologie egizie e babilonesi. Bisognerà attendere Pitagora di Samo (575-495 a. C.) per avere la prima dimostrazione che la Terra in realtà è una sfera, sospesa nel Cosmo: osservando un'eclisse di Luna Pitagora si accorge che l'ombra della Terra è curva e che la sua curvatura è 3-4 volte più grande della Luna (Fig. 1. Cortesia: A. Ayiomamitis). Eratostene di Cirene 300 anni più tardi ne misurerà la circonferenza col famoso esperimento di Alessandria e Siene, sbagliando di soli 700 km.
Fig. 2. Modello (semplificato) delle Sfere di Eudosso
Cortesia: Mogi Vicentini – Planetario di Milano
I grandi filosofi
Platone (427-347 a. C.), maestro di Aristotele, ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale. Fonda la scuola chiamata "Accademia" che ha le sue radici nella scienza e nel metodo da essa derivato, la dialettica. Considerava la Terra solida, fissa e al centro dell'universo mentre il Sole è sorretto da una sfera solare più piccola e ruotante intorno alla Terra; le stelle, eterne e immutabili, sono invece appese alla sfera celeste e descrivono ogni giorno un'orbita perfettamente circolare attorno alla Terra, con moto uniforme. Conosceva 5 pianeti sorretti ciascuno da rispettive sfere: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.
Allievo di Platone, dal quale però fu cacciato, Eudosso di Cnido (408-355 a.C.) è stato un matematico e astronomo greco la cui fama è legata soprattutto allo sviluppo delle sfere omocentriche, ossia di un Universo diviso in sfere aventi un unico centro di rotazione con al centro la Terra. Ogni sfera conteneva un pianeta soggetto ad un moto circolare uniforme differente da quello degli altri; alle stelle fisse attribuì un'unica sfera in rotazione diurna attorno alla Terra immobile, mentre i movimenti apparentemente caotici dei pianeti venivano spiegati con una prima sfera che induceva un moto diurno, un'altra per il moto mensile ed infine una terza ed una quarta con diverso orientamento dell'asse per il moto retrogrado. Tenendo conto che il Sole e la Luna ne possedevano tre, si giunge ad un sistema di ben 27 sfere (Fig. 2).
Aristotele (384-322 a.C.), sviluppa ulteriormente le idee di Platone e propone un modello geocentrico, cioè che pone la Terra al centro dell'universo. Secondo Aristotele, la Terra era formata da quattro elementi: la terra, l'aria, il fuoco e l'acqua. Ogni elemento aveva la tendenza a rimanere o a tornare nel proprio luogo naturale, che per la terra e l'acqua è il basso, mentre per l'aria e il fuoco è l'alto. La Terra come pianeta, quindi, non può che stare al centro dell'universo, poiché è formata dai due elementi tendenti al basso, e il "basso assoluto" è proprio il centro dell'universo. Fatale errore che, per l'autorevolezza del maestro, durerà per 1800 anni, sino a Nicolò Copernico.
Come Platone, e altri filosofi, Aristotele credeva che i corpi celesti si muovessero su sfere concentriche (ben cinquantacinque!): oltre la Terra c'erano, in ordine, la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno, la sfera delle stelle fisse e, infine, il primo mobile, cioè il "motore" che metteva tutte le altre sfere in movimento. Identificabile con la divinità suprema (le altre divinità stavano all'interno del cosmo), esso è la causa prima di tutti i moti celesti (Fig. 3).
Giova ricordare che Aristotele è tutore, maestro ed intimo amico di Alessandro il Grande il cui impero si estendeva dalla Grecia fino ai confini occidentali dell'India: il pensiero aristotelico e la filosofia greca, che viaggiano al seguito degli eserciti di Alessandro, ben presto si diffondono in tutto il mondo orientale.
Fig. 3. Il Primo mobile di Aristotele, secondo Raffaello Stanza della Segnatura, Musei Vaticani
Eliocentrismo e precessione
A contrastare questo modello geocentrico arriva Aristarco di Samo (310-230 a. C.), un vero e proprio genio che aveva compreso tutto 1400 anni prima di Copernico e Galileo. Astronomo e fisico, Aristarco per primo introduce infatti una teoria astronomica nella quale il Sole e le stelle fisse sono immobili mentre la Terra ruota attorno al Sole percorrendo una circonferenza. Attribuisce alla Terra anche un moto di rotazione diurna attorno ad un asse inclinato rispetto al piano dell'orbita intorno al Sole, spiegando così l'alternarsi delle stagioni. Forti furono le obiezioni dei suoi contemporanei, fondate comunque su basi scientifiche e non ideologiche, come invece fu nel caso di Galileo: si chiesero per quale motivo le stelle fisse non modificassero la propria posizione nella volta celeste nel corso dell'anno, come invece avrebbero dovuto fare se la Terra fosse stata in movimento. Aristarco superò l'obiezione ipotizzando che la distanza tra la Terra e le stelle fisse fosse infinitamente maggiore del raggio dell'orbita annuale terrestre, e in effetti è tanto maggiore da evitare ogni effetto di parallasse misurabile con gli strumenti dell'epoca (e anche delle epoche successive fino al XIX secolo). La teoria eliocentrica fu però rifiutata con forza, quattro secoli dopo Aristarco, da Claudio Tolomeo, le cui concezioni dominarono incontrastate la tarda antichità e il medioevo.
Il più grande astronomo osservativo (oggi diremmo "visualista") greco fu Ipparco di Nicea (190-120 a. C.). Compilò infatti un importante catalogo stellare, in cui inserì circa 1080 stelle, registrando per ognuna la latitudine e la longitudine sulla sfera celeste, con la precisione permessa dall'assenza di orologi, di telescopio o di altri strumenti moderni. Fu proprio l'osservazione delle discordanze tra il proprio catalogo e quello compilato cento anni prima da altri astronomi a fornirgli l'indizio che lo condusse alla scoperta della precessione degli equinozi. Ipparco registrò nel catalogo anche la luminosità degli astri, che utilizzò per classificare le stelle in sei gruppi: al primo gruppo appartenevano le stelle di prima grandezza, al secondo gruppo quello un po' più deboli, e via via fino al sesto gruppo, al quale appartenevano le stelle più deboli visibili in una notte serena senza Luna da un uomo dalla vista perfetta. Questo più che bi-millenario sistema di misurazione della luminosità (o magnitudine) degli astri, leggermente modificato nel corso del 1800, è utilizzato ancora oggi.
[parte terza]