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Trittico d'amore
di Luca Guadagnino
di Ivan Mambretti – SECONDA PARTE
dal film Bones and All
Luca Guadagnino, palermitano del 1971, è il più significativo regista del terzo millennio che non senza difficoltà si sforza di conquistare il pubblico e la critica con una produzione cinematografica così personale da consentirgli di varcare i patrii confini.
Ti amo, dunque ti mangio
I luoghi in cui sono ambientati i primi due film sono pregnanti ed emblematici: Villa Necchi a Milano per Io sono l’amore e una casa nella campagna padana per Chiamami col tuo nome. Una scelta del tutto differente fa Guadagnino per Bones and All, interamente girato negli States e dunque in un’area non delimitata, un macrocosmo geografico e culturale lontano dalle nostre radici mediterranee. Il racconto oscilla fra tenerezze e crudezze nel cuore di un’America vasta e desolata, inquieta e infelice come certa popolazione che la abita. Bones and All completa il trittico. Ti amo fino a mangiarti. Questo potrebbe essere il motto di un film ascrivibile a un filone sui generis: il sentimental-vampiresco-cannibalico.
Corrono gli anni Ottanta. Una giovinetta di colore, a causa di una tara ereditata dalla madre, se ne va per le strade d’America in compagnia del padre: fuggono, si nascondono, esitano, tornano sui loro passi. La ragazza è in preda agli incubi, perde la sua razionalità, si lascia trascinare dall’instabilità psichica e dalla mancanza di autocontrollo. Si fa sempre più brutale, fino a lasciarsi dominare da insane tentazioni antropofaghe. Il cannibalismo è praticato per motivi religiosi in alcune remote parti del mondo con risvolti che a noi occidentali appaiono persino blasfemi. Durante i suoi rituali si pasteggia con le carni delle vittime sacrificate, nella credenza che ingerendo viscere e organi umani si possano assimilare le caratteristiche migliori del defunto. Ma il film va oltre l’antropofagia per entrare nel regno di una macabra fantasia.
Se la giovane è stata abbandonata dal padre è perché lui non ne poteva più delle folli brame della figlia che, rimasta sola, scopre di non essere l’unica in possesso di tale vocazione. Scopre cioè una vera e propria comunità antropofaga nella quale si riconosce istintivamente. Due sono i cannibali coi quali entra in diretto contatto e che le cambiano la vita: un sinistro vagabondo già su con l’età in cerca di compagnia e un giovane nevrotico che vorrebbe liberarsi dal terribile morbo. I giovani - lui è di nuovo Thimotèe Chalamet, lei la mulatta Taylor Russell - intraprendono un cammino che li condurrà attraverso sterili lande alla scoperta di se stessi e della angosce della loro maledizione.
I due sono ormai innamorati fino a farsi male. Il nucleo di questo incredibile, sinistro e oscuro ritratto di disumana umanità, sta nel bisogno incontenibile di coniugare il sentimento con l’alimentazione, ossia l’amore con il cibo. In pratica, sono costretti a mangiarsi a vicenda per elaborare e sublimare la loro relazione. E i denti affondano non a caso nella zona del cuore inzuppando di sangue le ossa della cassa toracica. Dunque Bones and All è un susseguirsi di moti dell’anima che si incentrano sull’illusione del piacere e la lotta contro il dolore. Un film sul dramma della condivisione di una condizione non scelta che richiede un impossibile sforzo per rimuoverne la natura maligna.
I protagonisti passano con rapidità dalla gioia all’afflizione, dall’accettazione della loro diversità al tentativo di rifiutarla, dall’insofferenza alla sofferenza, da effimere soddisfazioni a ingannevoli visioni. Sono in fuga da un mondo mostruoso. Un mondo che riesce a essere più mostruoso di loro. E qui, tra le pieghe del film, si possono leggere i toni dell’impegno sociale e politico di Guadagnino, della sua denuncia del degenerato e marcio capitalismo americano.
Le tenebre, che si contrappongono ai luminosi scorci di Chiamami col tuo nome, sono per i due ragazzi un riparo sicuro anche se pauroso. A sottolineare la malinconia della notte ci sono innumerevoli e godibili canzoni (Guadagnino è molto attento alla colonna sonora dei suoi film). La forza dell’amore di entrambi è qualcosa di dirompente che li indirizza verso territori dell’anima difficili da dominare. Quella di amarsi e mangiarsi è una voglia bifronte, un duplice aspetto del processo di identificazione. È un’equazione: cannibalismo uguale amore.
I ragazzi accettano alla fine il loro destino. Accettano la necessità di nutrirsi per alimentare l’affetto reciproco, forse nella speranza di trovare col tempo soluzioni e assoluzioni. Bones and All è un dramma a fosche tinte, una love story sopra le righe, un on the road all’insegna del più sfrenato anticonformismo. Ma forse è più semplicemente un horror d’autore.