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L'amore
editoriale | Dalla parola allo spirito
«L’amore impedisce la morte. L’amore è vita. Tutto, tutto ciò che io capisco, lo capisco solamente perché amo. È solo questo che tiene insieme tutto quanto».
Lev Tostoj
«L'amore non guarda con gli occhi ma con l'anima».
William Shakespeare
«La massima fondamentale dell'uomo libero è quella di vivere nell'amore per l'azione e di lasciar vivere avendo comprensione per la volontà altrui».
Rudolf Steiner
In quanti ne scrivono e senza sosta! Poeti, cantanti, filosofi e romanzieri non possono che essere catturati da questo tema che sfugge a qualsiasi facile definizione. Eppure continua a far parlare di sé e a farci chiedere «cos'è l'amore?», a seconda della disciplina che ce lo chiede: la filosofia, la psicologia, la scienza, la poesia... o la persona amata.
Proviamo a rispondere partendo dalla consapevolezza più comune del suo significato. Innanzitutto l'amore non è un'emozione, bensì un sentimento che si differenzia da essa per la sua durata: infatti, un sentimento dura nel tempo, si costruisce giorno dopo giorno, non è passeggero come l'innamoramento e va nutrito anche con fatica.
Anche se il vocabolario ci dice che l’amore è il «sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia», non sembra che questa definizione possa completamente soddisfarci perché l’amore è ricco di contrapposizioni, è complicato, irrazionale, spesso incontrollabile, ma anche logico quindi mentale oltre che spirituale e fisico.
L'etimologia della parola amore pare che risalga al sanscrito kama = desiderio, passione, attrazione, mentre un'altra interpretazione etimologica fa risalire il termine al verbo greco mao = desidero, da cui il latino amor da amare che indica un'attrazione esteriore, viscerale che quindi andrebbe distinta da un'attrazione mentale, razionale, spirituale (in questo caso si usava il verbo diligere, cioè scegliere, desiderare come risultato di una riflessione).
Quindi capiamo che in origine questo sentimento aveva una connotazione più fisica e impulsiva, che lo rendeva carnale e quasi animalesco, mentre con il passare del tempo, l'amore ha assunto anche la sua componente metafisica e spirituale, avvicinandosi soprattutto all’aspetto religioso e quindi divino. Così oggi, quando si parla di amore, si sottintende sia un legame di tipo fisico che un rapporto di sintonia e complicità mentale verso il soggetto amato. E convenzionalmente significa apprezzare qualcuno per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti, sceglierlo in libertà e desiderare il meglio per lui, standogli vicino sia nei momenti positivi che in quelli difficili. Da queste considerazioni che vanno per la maggiore, parrebbe che amare corrisponda ad anteporre la felicità dell'altro alla propria preferendo dare piuttosto che ricevere.
Eppure, dopo millenni di evoluzione, possiamo umilmente permetterci di tornare indietro per continuare a indagare una parola così potente. Vale la pena disturbare Socrate per farci comprendere quanto sia pericolosa e insidiosa. Per Socrate infatti l’amore è mancanza e ricerca, è il desiderio vissuto nella condizione di povertà, non è tenero e dolce, ma forte e talvolta crudele. E aggiunge un altro ingrediente alla sua riflessione, la follia, perchè esso è stato generato dagli dei, una sorta di ponte tra l’uomo e il caos che sbircia oltre noi stessi, che cambia, trasforma, trascende persino. Ed è proprio nel Simposio che Platone, raccontando il dialogo tra Socrate e un gruppo di amici, ci svela questi aspetti di Eros, secondo la mitologia greca venuto al mondo dall’unione tra Poro (personificazione dell’ingegno e dell’espediente, avido di sapienza e ricco di risorse) e Penìa (personificazione della povertà e del bisogno). Così Amore si trova in queste condizioni: prima di tutto è sempre povero, brutto, incolto, scalzo e senza casa, dorme all’aperto sulla terra nuda, davanti alle porte e per le strade secondo la natura di sua madre. Invece per parte di padre è coraggioso, ardito, veemente, cacciatore astuto, sempre pronto a tessere intrighi, avido di sapienza, ricco di risorse, ingegnoso, insidioso verso i belli e i virtuosi. Insomma non è povero né ricco perché quello che prende poi perde, straziato tra ignoranza e sapienza. Così Socrate ci svela che l’Amore (usiamo da qui la maiuscola) è mancanza e ricerca, è il desiderio vissuto nella condizione di povertà, è forte e talvolta crudele, è folle perché generato dagli dei, irriverenti e senza freni, l’unico vero intermediario tra il mondo dei mortali e quello divino, tra l’uomo e il caos, tra miseria e potenza divina.
Da Platone a oggi continuiamo a ragionare sull’Amore in direzioni non scontate, elevandolo nella sua vera essenza perché diventi qualcosa di nobile quando l'uomo si innalza ai mondi superiori, sublimi. Per lo spirituale questo sentimento, se cercato per il proprio sé (e non per la sfera dei sensi), agisce in modo liberatorio.
Anche Rudolf Steiner, un grande ispiratore e divulgatore del ruolo fondamentale dell’Amore nel pensiero e nelle azioni umane, ammetteva: «Se parliamo dell’amore umano e di tutto quanto in generale rientra nell’idea di amore, è certo che la fonte dell’amore è così infinitamente profonda e così infinitamente ricca che, quando ci troviamo di fronte all’amore nel mondo, dobbiamo ammettere umilmente: per ogni anima l’enigma dell’amore è davvero insondabile nella sua vera essenza». Distingue quindi tra l’amore nella sfera inferiore e in quella spirituale. Infatti secondo Steiner solo con l’Amore possiamo capire chi siamo e comprendere la realtà, entrare in un sistema di relazioni dinamiche che lavorano per il bene.
Forse per gli uomini del futuro sarà più semplice pensare con il cuore e non con la mente, uscire dalla logica egoistica e vivere nello spirito.