Gli animali

A volte ritornano…

Il reinsediamento dei grandi carnivori sulle Alpi

di Michela Zucca - PRIMA PARTE

gipetoo barbutoo

Gipeto barbuto

Era solo questione di tempo prima che attaccasse 'senza motivo' - anche se lui, i suoi motivi, li conosce benissimo: noi, meno.

L'orso si muove di notte, e comincia a spostarsi verso le 18 quando fa meno caldo. Di solito fugge di fronte all’uomo: ma quando è spaventato, o se è una femmina che deve proteggere i piccoli, non esita. Il lock down e le limitazioni al movimento imposte dal Covid hanno solo portato alla ribalta ciò che ecologi, etologi, studiosi dell’ambiente – o anche semplicemente chi vive in territori non urbanizzati – sapeva già da tempo: molti animali stanno pian piano ripopolando gli spazi che gli esseri umani hanno lasciato liberi.

 

Il ritorno dei grandi predatori

Orso, lupo, lince, sciacallo dorato, cinghiale, muflone e in questi ultimi anni anche castoro; e poi grifone, gipeto, gufo reale, aquila. La prima mostra che si fece su di loro fu organizzata dal Centro di ecologia alpina di Trento (che oggi non esiste più, perché fu considerato “ente inutile” e quindi soppresso) e dal WWF di Trento quasi trent’anni fa. Alcuni non sono tornati: li hanno reintrodotti. Altri sono arrivati per vie traverse…

orso bruno 1280

Il caso più eclatante è quello dell’orso. Perché in Trentino era praticamente estinto: ne restavano pochissimi esemplari, che difficilmente avrebbero potuto riprodursi e generare una popolazione vitale. Il plantigrado allora fu importato: e divenne una delle principali attrazioni turistiche della Provincia autonoma. Ma vennero presi esemplari sloveni che avevano un carattere diversissimo da quello dei timidi bestioni autoctoni, che, nel corso dei secoli, avevano imparato, anche troppo bene, che con l’uomo non c’è niente da fare, e quindi avevano rinunciato quasi del tutto alla carne, erano quasi soltanto notturni, e appena vedevano un bipede fuggivano a gambe levate. Gli esemplari sloveni al contrario vivevano in ambienti poco urbanizzati, avevano poche occasioni di contatto con l’uomo, lo temevano meno, ed erano molto più carnivori. Si sarebbe potuto fare un lavoro di selezione: portarli in Italia, rinchiuderli in un recinto, osservare il loro comportamento e – nel caso fosse stato problematico – non liberarli. Ma bisognava fornire risultati in fretta: i fondi europei elargiti per il progetto Life di reintroduzione avevano bisogno di essere giustificati. Così si sono lasciati liberi, loro si sono riprodotti, hanno imparato che vicino ai paesi ci sono i bidoni della spazzatura con tanta roba buona da mangiare e… hanno fruttato miliardi di euro in incoming turistico. Poi la gente ha cominciato a capire che fra Yoghi e l’ursus arctos esisteva una qualche differenza.

orso bruno 1280

Diverso il discorso del lupo: perché lui è arrivato dall’Abruzzo, attraverso i corridoi ecologici, anno dopo anno. Anche se ci sono leggende di lupi buttati fuori dagli elicotteri dagli ecologisti, nessuno l’ha mai reintrodotto: è riuscito ad arrivare da solo. Si tratta di una bestia intelligentissima, che fugge l’uomo con cui da millenni ha relazioni conflittuali. Si muove in branco, sta in quota, attacca gli animali domestici e può generare notevoli danni economici. Non è confinabile se non con la presenza umana, o dei cani da lupo: cani che però, in un rapporto con un ipotetico turista o 'frequentatore della montagna', possono essere un rimedio ben peggiore del male, perché quando un umano oltrepassa i limiti del territorio che lui deve sorvegliare, non ha esitazione alcuna, e lo sbrana (già successo nei Balcani, in Ungheria, in Slovenia…), come farebbe, d’altra parte, con il lupo.

L’attività predatoria dei grandi carnivori può essere evitata solo con la presenza continua e costante dell’uomo in montagna, con la sorveglianza del gregge e delle mandrie, che non possono più stare fuori di notte, devono essere rinchiusi in stalla. Questo comporta un numero inferiore di capi di bestiame, più lavoro, l’impossibilità di tornare a casa a dormire: in poche parole: più disagi e più costi. Impossibili da affrontare in un’economia di mercato, sostenibili solo nell’ottica di un’autoproduzione per una piccola comunità che d’estate si trasferisce in quota.

lince 1280

La lince si vede pochissimo, è stata – e in alcuni casi lo è ancora – perseguitata dai cacciatori come animale concorrente nell’accaparramento degli ungulati e dei piccoli mammiferi. Lo sciacallo dorato è arrivato dall’Africa, nel ventre delle grandi navi merci, è sbarcato nei porti del Mediterraneo settentrionale e ha cominciato a risalire le montagne, probabilmente in Provenza e nella zona di Trieste. È stato scambiato, per anni, per una grossa volpe: fino a quando si è capito che non poteva esistere una volpe coì grossa, lo hanno catturato e si è capito che era un animale nuovo… Lui non fa male a nessuno, si nutre di cadaveri.

Cinghiali e mufloni (talvolta…) sono stati reintrodotti per aumentare la selvaggina cacciabile. Adesso stanno devastando campi e pascoli. I mufloni sono stati talmente distruttivi che in alcune zone, fra cui il Trentino, hanno dovuto realizzare campagne di abbattimento selettivo: abituati alla macchia mediterranea, mangiavano i germogli di qualunque albero e arbusto, saltavano molto più in alto delle nostre capre, distruggevano le piante e non lasciavano niente da mangiare agli ungulati autoctoni…; insomma, un disastro.

I rapaci, anche quelli che si nutrivano di carogne, sono stati perseguitati per secoli perché considerati concorrenti nella caccia, o di cattivo augurio. Adesso finalmente pare che si stia perdendo l’abitudine.

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[sarà pubblicata il 30 ottobre 2020]

 

30 ottobre - 1° novembre 2020

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