Il benessere
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Monologo sul benessere
Considerazioni da tre punti di vista
a cura di Franco Clementi
1 - Un paio di notizie dai giornali
"Il numero più alto di suicidi si nota nei paesi ove più alta è la tutela dello Stato per il benessere dei cittadini. Inoltre solo divieti spietati e leggi severissime riescono a frenare l'abuso degli alcolici".
"In Svezia dal porto di Stoccolma ogni sera parte una nave piena di passeggeri che arriva poco oltre il limite delle acque territoriali, fuori cioè da ogni possibile competenza della polizia. A quel punto tutti si sbronzano tranquillamente, per far ritorno all'alba alle loro sedi."
Quando di una cosa si parla troppo è sempre opportuno cominciare a diffidare o almeno mettersi di lato e stare ad osservare. (Ad esempio, di "amore", nella sua accezione più passionale e sensuale, il Manzoni preferì non parlare nel suo più famoso romanzo: "...nel mondo - diceva - di quest'amore ce n'è fin troppo..."e per le vicende della Monaca di Monza si condensò in un "E la sventurata rispose...").
Anche al "benessere" può accadere di venire alla moda e di essere... smodatamente tirato in ballo.
Siamo difatti tutti messi in mezzo come una salsiccia fra due fette di pane; quella di sopra fatta del benessere che ci viene dall'alto, dalle strutture pubbliche che come madri amorose dovrebbero organizzarsi (ed in molte nazioni lo fanno davvero) affinché non ci manchi nulla, "dalla culla alla tomba" (ci sono interi Ministeri dedicati al " Welfare"). L'altra fetta ci preme dal basso con tutta una sequenza di offerte private: centri medici e paramedici, assistenza psicologica individuale e di gruppo, cure fisiatriche e attività ginniche, fattorie specializzate in erboristerie e applicazioni cataplasmiche, tecniche yoga, programmi cosmetici e dietetici, bagni terapeutici e rilassanti in acque medicamentose, piste ciclabili e per corsette all'aria aperta...
È indubitabile che tutto questo sia utile ad eliminare tanti inconvenienti della vita, ma rimangono molte perplessità sul fatto che ciò incida nella vera essenza del "benessere", perché eliminato un ostacolo al nostro sentirci bene, subito ne viene fuori un altro cui prima non avevamo badato.
Succede così come quando abbiamo comprato delle scarpe strette: dopo un po' che camminiamo ci sembra che se potessimo toglierci la scarpa destra, la vita ci apparirebbe più rosea, ma appena ce ne siamo liberati ecco che ci accorgiamo che anche la scarpa sinistra è insopportabile. Tolta pure quella scopriamo che camminare a piedi nudi sui sassi non è cosa che ci allieti la giornata... e così via, in una rincorsa perenne al pieno appagamento dei nostri desideri.
2 - C'è un sacerdote che cerca di consolare un moribondo.
"Suvvia!" gli dice "dopo tutto, ciò che stai per lasciare è solo una valle di lacrime...". E il malato con gli ultimi fiati gli risponde: "Sì, lo so... ma io... in quella valle... ci piangevo tanto bene..."
È una storiella, d'accordo, ma è pur vero che pur trascurando i masochisti, soggetti malati che godono nel farsi male, non mancano fra le persone pur prive di ogni sussidio, lampi di appagamento, tali da far loro apparire la vita ancora degna di essere vissuta.
Una ciotola di brodaglia calda sorbita da un poveraccio alla mensa per gli indigenti può dare più soddisfazione di una tartina al caviale mordicchiata da un riccone nel ristorante di lusso.
Ed il Leopardi non giudicava forse il "piacer, figlio d'affanno..."?
3 - Ma c'è anche una terza categoria di persone
descritta dal noto scrittore di aforismi Antoine Bierce nel cui vocabolario, alla parola "Benessere" si legge: "Stato d'animo prodotto dalla contemplazione del disagio del nostro vicino."
Chiaramente qui ci si rifà ironicamente ad un sentimento non nobile come l'invidia, intollerante delle fortune del prossimo, sentimento che, magari in forme tenui, superficiali, è più diffuso di quel che non si creda: ad esempio ci sono sostenitori dell'Inter che godono più per la sconfitta del Milan che della vittoria della propria squadra (l'osservazione vale per tutte le tifoserie...). Tale sentimento peraltro può dare, nella pratica comune, solo un attimo di appagamento, perché, subito dopo, i guai nostri sono più che sufficienti a non farci sostare troppo sulle disgrazie altrui.
Le tre osservazioni esposte credo siano sufficienti per lasciarci perplessi sulla definizione del cosiddetto "benessere" e come sia incerto il perseguirlo facendo solo ricorso a interventi esterni che frequentemente magari interpretano il "ben- essere" stesso solo come un "beni-avere".
L'animo umano è così complesso che credo vadano cercate entro e non fuori di esso le cause di certe insoddisfazioni. Forse vale la pena tentare di invertire i nostri comportamenti e darci ad esperienze un po' rivoluzionarie: essere generosi anche quando non si è ricchi, confortare il nostro vicino proprio quando sentiamo un grande bisogno di essere noi i consolati, cercare di avere benevolenza per gli indifferenti o addirittura anche per gli antipatici... ( credo che Qualcuno abbia già proposto queste cose...).