La famiglia
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Genealogia della famiglia
La non naturalità della monogamia crea confusione e disorientamento
Incontro tra Esaù e Giacobbe, di Francesco Hayez
Non mi sembra un caso che oggi si parli diffusamente della famiglia, nel tentativo di rintracciarne i 'fondamenti' o di allargarne il concetto.
Movimenti di tutti i tipi rivendicano, su fronti spesso ostili, diritti negati e naturalità differenti. Spesso i 'fronti' hanno animosità che, anche se comprensibili nei loro diversi motivi, spostano l'asse su terreni scivolosi e dogmatici, trascurando il portato paradossale, ma importante per l'accesso a una prospettiva ulteriore, della postmodernità: per dirla con Derrida e Deleuze, la differénce/differance, la differenza, o con Lyotard, le differenze, sempre in differimento, come è inevitabile che sia, anche da se stessa/e.
Il portato assiologico di posizioni veritative, sulla scia di tradizioni nelle quali ci si è accomodati senza aporie o pensamenti altri, di qualunque natura esse siano, mancano forse solo di una cosa: la gioia della scoperta o, ed è lo stesso, l'amore della vita libera capace di darsi il meglio. Il meglio, ossia l'incontro con l'altro nelle sue infinite declinazioni, nelle pieghe di misteri che tali rimangono, nonostante l'imperiosa saccenza verbalistica conculchi la ricerca. Socrate è definitivamente perso? E con lui pure, trasvalutando i valori in un recupero eracliteo, Nietzsche?
Inoltre, parlare di famiglia dopo un secolo di psicoanalisi e di importanti studi in tal senso, non è facile; il terreno è spesso minato da strutture cervellotiche, astratte, da giochi linguistici fini a se stessi nei quali, paradossalmente, ci si perde, come pure si rischia di perdere il suo rivoluzionario contributo scientifico. Ma, e Hillmann ce lo ha insegnato bene, «cento anni di psicoanalisi e il mondo va sempre peggio». «Va sempre peggio»: è come se si cercassero soluzioni a problemi creati dagli stessi pensieri e dalle stesse operatività e pratiche che hanno contribuito a crearli (forse da ricercarsi in una rimozione 'originale' e 'autogena' che la psicoanalisi ha costitutivamente nel suo DNA).
Il dottor Faust e Mefistofele, di Anton Kaulbach
La fragranza di un incontro, ciò che si impara nell'assenza di richieste e di condizioni, un'apertura che va forzata, un'effrazione, una gabbia di acciaio: forse è il tempo di recuperare la poetica del flâneur, troppo frettolosamente abbandonata in un crescendo feticistico delle merci. Si chiederà: cosa c'entra tutto questo con la famiglia? Tutto! Come diceva Faust a Mefistofele nella discesa al Regno delle Madri: «Nel tuo nulla spero di trovare il mio tutto». Tutto, perché il Nulla sta già divorando il tutto, è già a buon punto, sembra suggerirci La storia infinita, come in una prospettiva d'inversione. Forse Michael Ende andrebbe riletto e, soprattutto, capito! La forza di Fantásia rigenera, promuove quell'indispensabile, quanto negletta, capacità di capire, o, meglio, di comprendere oltre le strettoie di un pensiero rachitico, in perenne contrapposizione con se stesso.
La famiglia si basa sul matrimonio o sulla convivenza che a sua volta si basa oggi, prevalentemente e problematicamente, quasi esclusivamente sull'attrazione sessuale. La percentuale dei divorzi e delle separazioni oscilla tra il 50 e l'80% e questo pone un interrogativo: la monogamia perpetua ha davvero un senso? Antropologicamente e storicamente, si può affermare che il matrimonio non rappresenta un fattore naturale, bensì un'esigenza scaturita da una particolare forma di civiltà. È un portato culturale che esiste, come forma giuridica, solo dal XVI secolo nell'Occidente cristiano, mentre fino al XVI secolo era giuridicamente ratificato il concubinato. Solo nel XVI secolo la monogamia è assurta al rango di unica forma di convivenza giuridicamente valida.
L'Antico Testamento non contiene alcun precetto che imponga la monogamia. La civiltà ebraica era di stampo patriarcale e quindi, in questo contesto, appariva del tutto naturale che Abramo oltre alla moglie avesse un'ancella. E poligami erano pure Giacobbe, Davide e Salomone, che ebbe un vero e proprio harem. Nel Nuovo Testamento non viene affrontata la questione della monogamia, ma solo quella del matrimonio. L'unica eccezione è nella Lettera di Timoteo di San Paolo dove Paolo, riferendosi solo ai vescovi, insiste che prendano una sola moglie.
Possiamo dire, in conclusione, che oggi il matrimonio appare svuotato di significato. Essendo la famiglia monogamica un fatto culturale e non naturale, non si può pensare ad un progetto che la preveda senza sapere dove conduce e perché deve essere vissuto. I nostri tempi mi sembra ci interroghino in questo senso e ci invitino a una risemantizzazione del concetto di famiglia in virtù della quale la capacità di includere dimensioni dell'umano più ampie possa creare linee guida adeguate alla fantasia morale individuale. Il conformismo a norme prescritte da qualsivoglia Istituzione è anacronistico, è la causa del fallimento dei matrimoni perché le motivazioni per le quali si dovrebbe convivere sono del tutto estrinseche.