La libertà
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Non tutto è oro...
Libertà e salute in Lombardia
di Alessandro Bertolini
L'Italia dal 1978 possiede un Servizio Sanitario Nazionale gestito in modo universale e gratuito per tutti i cittadini. È prevista, in deroga alla gratuità del servizio, una modesta compartecipazione alla spesa per visite specialistiche ed esami diagnostici (ticket), quale aiuto all'onerosa macchina sanitaria.
Sono esenti da questo aggravio di costi i neonati, gli ultrasessantacinquenni con reddito basso, le patologie croniche (diabete, tumori, ecc.) e tutte le prestazioni erogate in regime di ricovero ospedaliero.
Il sistema sanitario italiano, dopo una prima revisione nel 1992, si realizza in ogni regione secondo leggi di riordino specifiche, che hanno trasformato un modello uguale per tutti gli italiani in venti modelli regionali organizzati in modo differente nella gestione dei costi.
La Lombardia ha scelto una legge di riordino che vede il paziente al centro di ogni decisione e che la pone, rispetto al resto del paese, come una regione virtuosa in pareggio di bilancio.
Dopo il 1996, anno del riordino regionale, siamo passati da un modello assistenziale paternalistico e per certi versi quasi obbligatorio, dove per fare una TAC era necessario il nulla osta di uno specialista dell'Asl di appartenenza, ad un modello delle scelte condivise e dell'autodeterminazione del cittadino.
È il cittadino paziente l'unico responsabile della scelta del luogo di diagnosi e cura, che può essere ovunque in regione Lombardia, perché egli è libero di scegliere ospedale, chirurgo, centro diagnostico, reparto di riabilitazione, all'interno di un mercato di prestazioni totalmente rimborsate dal servizio sanitario regionale. La Regione Lombardia ha addirittura messo sullo stesso piano di offerta le prestazioni eseguibili in centri ospedalieri pubblici o in centri privati convenzionati.
Questa libertà di scelta è diventata emblema del servizio sanitario lombardo e ha incoraggiato, sulla base della volontà del singolo individuo, la nascita di centri d'eccellenza, che poi corrispondono a quelli più gettonati dall'utenza.
Con questo modo di offrire prestazioni senza vincoli, il sistema sanitario è in pareggio di bilancio e gode della soddisfazione della popolazione lombarda. Tuttavia, qualche pecca in tanta libertà esiste.
La Regione ha liberalizzato i percorsi migratori intraregionali e, così agendo, l'intero sistema non è scevro da problemi organizzativi.
Se la libera scelta induce il cittadino paziente a scegliere un ospedale, non più quello sotto casa, ma quello che pensa possa essere meglio per la risoluzione dei propri problemi, è anche vero che il soddisfacimento di questo bisogno si scontra con le liste d'attesa.
Può accadere che una scelta ponderata non sia soddisfatta in tempi ragionevoli per mancanza di posti disponibili. Allora il cittadino ripiega per comodità su scelte alternative, decidendo non in base alla professionalità del centro ma alla rapidità di risposta e le due posizioni non si equivalgono.
Il modello libertà nella scelta sanitaria presuppone che il cittadino paziente possieda la capacità di saper valutare l'offerta per ragionata professionalità. Non tutti hanno strumenti idonei a valutare questa dote, allora ci si affida a consigli di parenti, amici, conoscenze indirette, esperienze maturate in passato, per cui il credito verso una possibile cura lo si conferisce a priori, senza sapere chi si avrà davvero davanti nel momento di ricevere soluzione ad un bisogno.
La libertà nella scelta può dunque essere un'arma pericolosa per il cittadino paziente, perché alle volte sceglie senza avere in mano strumenti di giudizio. È anche pericolosa per il sistema sanitario, perché mette in crisi la sua organizzazione, intasando alcuni centri e lasciando altri in un vuoto gestionale.
Il pericolo maggiore di una libertà non governata dal sistema è l'induzione poi di costi aggiuntivi.
Il cittadino paziente, scegliendo liberamente un luogo di cura, quando trova una lunga lista d'attesa, un riferimento d'eccellenza non subito disponibile, un soddisfacimento ai bisogni non immediato, entra in un circuito privatistico, che aiuta a saltare le liste d'attesa e ad ottenere prestazioni immediate. Oltre al ticket per sostenere il sistema sanitario, il cittadino paziente paga ulteriormente, perché non viene disciplinato nei percorsi.
In conclusione, credo che la libertà nella scelta del centro di cura sia un valore aggiunto per un moderno servizio sanitario. Bisognerebbe però educare il cittadino paziente a scelte ponderate e non emotive, cercando di confinare la ricerca di prestazioni lontano dal domicilio solo per bisogni davvero non soddisfabili a casa propria o nei tempi ragionevoli.
La moda dell'andare altrove nella libertà di scelta non è sempre condivisibile ed economica.