La libertà

Libertà e verità

Teorie scuotono le fondamenta della convivenza sociale

di Franco Clementi

principio archimedeIl principio di Archimede (galleggiamento)

Un tempo il nucleo centrale, l'essenza della libertà, stava racchiuso nei limiti dei nostri condizionamenti interni (la misura delle nostre forze, le possibilità del nostro organismo) e di quelli esterni (l'esistenza di altri soggetti umani diversi da noi, reclamanti i loro diritti o le leggi naturali come la forza di gravità e gli eventi meteorici).

L' insieme di tutti questi agenti limitativi potevano essere chiamati "verità", in quanto reali, indiscutibili. In campo etico esistevano i Comandamenti che facevano riferimento a un Essere assoluto, regolatore dei movimenti astrali come dei moti umani (dice un certo Gesù di Nazareth: "La Verità vi farà liberi"...)
Entro tali confini si riteneva che usando della propria libertà per sfidare quelle leggi, si poteva finire come Icaro o come Ulisse i cui "folli voli" si conclusero miseramente, sfracellato l'uno, annegato l'altro, o addirittura come il gigante bestemmiatore Capaneo che Dante trova nell'Inferno: "O Capaneo in ciò che non s'ammorza - la tua superbia, sei tu più punito; - nullo martiro, fuor della tua rabbia – sarebbe al tuo furor dolor compito...".

dante piazza signori veronaLa statua di Dante Alighieri in Piazza dei Signori a Verona

All'opposto di quanto detto si direbbe che oggi esistano varie correnti che non accettano più questo stato di cose che appare soffocante per le aspirazioni dell'umanità. La lotta per la libertà non appare sufficiente se circoscritta allo sforzo di garantire a tutti il godimento dei loro diritti: si vuole ampliare l'esercizio della libertà superando i limiti della verità, asserendo non esister niente di assoluto, ma tutto essere relativo, momentaneo, dipendente dalle circostanze storiche, dagl'interessi del momento, e, in definitiva, dai desideri personali. A cominciare dal filosofo Hobbes che già nel '600 afferma "L'autorità, non la verità, fa la legge" si giunge alla modernissima enunciazione della filosofa Sandra Harding: "La verità non vi farà liberi perché è un peso estrinseco, una cappa di piombo che frena la ricerca personale, una sterilizzazione della dinamicità e dell'incandescenza del pensiero".
Ma l'accettazione di queste teorie relativistiche lascia non poche perplessità. Perché in nome della libertà sembra che si vengano a scuotere le stesse fondamenta della convivenza sociale, che si imperniano in un contratto di accettazione di regole morali comuni. Se ognuno di noi è libero di farsi un'etica personale senza raccordi con un principio unico condiviso si casca nella dissoluzione sociale, nella frammentazione civile, nell'individualismo egoistico.
Di questo tipo di morale fluida, mutante, dovrebbe esser figlia la nostra libertà: ma se l'antico Archimede poteva affermare "Datemi un punto d'appoggio e vi solleverò il mondo", su quale fondamento poggerà il nostro essere liberi che non sia una nuvola vagante, più evanescente d'un sogno?

Una conseguenza pratica delle interpretazioni soggettivistiche dell'etica possono osservarsi nell'amministrazione della Giustizia. In una società che ha verità variabili, "liquide", ondulatorie, a quale concetto di equità dovrebbe appoggiarsi un giudice, che non sia una sorta di sabbia mobile? Fare riferimento alla coscienza, di cui la psicanalisi ha dimostrato le molte contraddizioni? Al precetto di un Dio che Nietzsche ha dichiarato essere morto? Alla convenienza, va bene, ma alla convenienza di chi? Dei ricchi? Dei poveri? Della volontà popolare che muta a ogni elezione? Da molti si risponde: non importa se il giudice è ateo o credente, di destra o di sinistra, egli deve rispondere solamente alla verità delle Leggi.
Orbene non occorre ricorrere a Dante e al suo "Le leggi son, ma chi pon mano ad elle?". Infatti si è fatta avanti una scuola giuridica per la quale oggi le leggi non si applicano, ma si "interpretano", tenendo conto del contesto sociale, della situazione storica, del clima politico, vale a dire a elementi di valutazione estremamente soggettivi e impalpabili. Da tutto ciò si può capire perché in molti casi che riguardano la nostra libertà la scritta presente in tutti i tribunali "La legge è uguale per tutti" non può essere tradotta in quella ancora più fondamentale "La giustizia è uguale per tutti".
Insomma si può andare incontro a una Giustizia che mostra qualche affinità col gioco del Lotto.

Eingangstor des KZ Auschwitz Arbeit macht freiAuschwitz (Wikipedia)
Inoltre a un certo punto s'avanza un sospetto; quello cioè, che il relativismo imperante, dove tutti hanno ragione, tutte le verità son buone, tutte le etiche sono liquide, siano il mezzo apparentemente lusinghiero, con cui pochi centri di potere ben sicuri dei loro interessi e delle "loro" verità, privi di ogni scrupolo, esenti da ogni crisi di coscienza, attentano alla nostra libertà. Da situazioni caotiche possono infatti nascere dittature occulte, mascherate, magari non fatte con carri armati ma concrete, con altri mezzi, nella volontà di dominio.
I nazisti all'ingresso di Auschwitz scrivevano "Il lavoro vi farà liberi", e poi si finiva schiavi.

Delle volte, dietro tante offerte di infiniti oggetti di consumo e l'accanimento contro i "vecchi valori", mi prende il dubbio che tutto ciò sia un moderno sostituto delle perline di vetro colorato che il colonizzatore bianco dava ai selvaggi della terra inesplorata in cambio di oro. L'oro, sì: la nostra libertà.
Probabilmente questo relativismo con le sue false strade è solo una moda passeggera: in fondo ogni secolo ha avuto le sue magagne e i suoi transitori idoli, forse è vero quel che diceva Lincoln "Puoi ingannare pochi uomini per lungo tempo, puoi ingannare molti uomini per poco tempo, ma non puoi ingannare l'intera umanità all'infinito...".
L'anelito alla vera libertà è un carattere così intimamente impresso nel cuore dell'uomo che sa renderci ottimisti anche nell'ora del cielo nuvoloso.

 

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