La tecnologia
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Accarezzano come oppio i pensieri
Tornano, in fretta, col fiato alla gola, le due vedette
di Andrea Basci
Le prime luci già scolpivano il paesaggio e i bagliori rossi dell’alba iniziavano a cesellare alberi lontani.
I confini si andavano delineando nel cielo, linee sottili a sottolineare colline perse all’orizzonte e strade ancora immerse nel buio.
Correvano a perdifiato, le ombre allungate mano mano e la luce imperiosa a sbadigliare sul mondo.
Già tempo prima spie veloci e scaltre si erano infilate in quel paesaggio, silenziose e invisibili, addossate ad alberi dagli spessi tronchi a nascondersi, senza parlare, annotando sentieri e passaggi per riferire dettagliatamente.
Ora era certo, tutto tornava nei complessi calcoli del Generale.
Arrivarono, stordite dalla corsa, ansimanti e senza voce ma pronte a riferire, a disegnare in maniera precisa i pensieri custoditi, spronate dalla scintilla dell’appartenenza, con la certezza di fare quello per cui erano state scelte.
Poi, esauste, dopo aver raccontato, si abbandonarono ad un riposo profondo e nebuloso, i grevi pensieri lasciati alle spalle e la certezza ristoratrice di aver fatto quanto possibile per risolvere, una volta per tutte, la spinosa questione.
Con passi pesanti, a misurare in lungo e in largo la stanza, il Generale, solo e senza nessuna voglia di ascoltare quell’inetta marmaglia di giovani graduati, gradi conquistati in uffici caldi e soffocanti, dove guerre e rivolte si disegnano su fogli candidi studiati sui classici, ribatteva pesanti i passi a cercare una concentrazione musicale, passi cadenzati e addensati di preoccupazione a suonare in testa un ritmo che potesse concentrare i pensieri.
La scelta difficile, solo a una miccia si poteva dar fuoco, il ventaglio dei cannoni era schierato nella corte, lucidi e pronti, pronti a ingolfarsi di polvere e centrare, un attimo dopo il lampo dell’acciarino, quello che il Generale aveva nei pensieri.
Un colpo solo, occorreva l’aiuto prezioso degli artificieri, calcoli rapidi per l’alzo, la giusta quantità di polvere e la lunghezza, il calibro. Ogni cosa perfetta, un solo colpo a illuminare il bersaglio.
Perentoria la mano, come una saetta, si abbassava sul fondello e una luce rapida e veloce a illuminare i volti e gli sguardi, fissi, a seguirne il bagliore, un attimo, un istante e il pensiero si compie.
Un solo colpo, quello giusto.
Anni di battaglie, colpi a segno ed altri persi nel tempo, dimenticati, esplosi dove niente era da colpire, memorie perse come gocce di pioggia in una pozzanghera.
Battaglie, imboscate e nemici conosciuti, il tempo a disegnare le nuove strategie, sentinelle stanche a raccontare storie inverosimili.
I passi, pesanti e cadenzati, sono sempre quelli, nel suo quartier generale è sempre lì, forse più pensieroso ma sempre all’erta, a studiare il bersaglio, pronto, come sempre, senza tentennare, a colpire nel centro e illuminare il cielo di strisce pirotecniche.
Lontani i calcoli balistici, efficienti supporti tecnologici raccontano storie che nessuna sentinella, nessuna spia potrebbe raccontare.
In un baleno vanno e tornano dal campo di battaglia, messaggeri scrupolosi e incorruttibili a raccontare la quantità di polvere, la lunghezza dei cannoni e l’alzo corretto per centrare il bersaglio, senza errore.
Il Generale è in piedi nella stanza, ha solo una bacchetta in mano che si muove in sinusoidi veloci e macchine ubbidienti rispondono all’unisono, senza errori e senza il fiato corto.
Non si guardano, seguono la bacchetta, i movimenti ipnotici radunano l’orchestra e il Generale capisce che l’estasi è lì, a portata di mano.
Fuoco alle polveri!
L’orchestra ammutolisce e il Generale s’inchina, gli applausi avvolgono scroscianti, il bersaglio si colora delle tinte volute e se ne manca qualcuna ci si penserà più tardi.
La tecnologia è capace anche di questo e la macchina, ancora fumante dalle lenti Zeiss calibro 80, è appoggiata vicino al leggio, metallo inerte.
Un ultimo inchino del Generale e gli applausi continuano, riempiono le orecchie e quietano l’animo,
Accarezzano come oppio i pensieri che nascono.
Fotografie: © Andrea Basci