- Categorie: I cinque sensi sei in Medicina
In medicina tanti sensi, anche il buonsenso
Parte di una giungla clinica polisemica
Da bambini andava di moda un gioco, che si faceva toccando a occhi chiusi le dita della mano di un compagno. Esse corrispondevano a una sequenza di cinque parole: dire, fare, baciare, lettera e testamento.
Era un gioco semplice, che si faceva in gruppo in cortile, senza altri accorgimenti e nulla di elettronico. Il pescare il pollice dell'amico sarebbe coinciso col primo dei cinque verbi del gioco, cioè col dire una poesia, una frase o qualcosa di imparato a scuola. Per iniziare a giocare si usava il tatto, toccando il primo dito. Il fare, secondo dito, era semplice, perché il giocatore avrebbe obbedito a un ordine. A questo punto la vista e l'udito entravano in campo con tutta la loro importanza. Baciare in alcuni casi era il dito più ambito, il medio, mentre in altri casi l'opposto, soprattutto quando sarebbe stato d'obbligo baciare la brutta del cortile, che neppure stava giocando.
La lettera, dito anulare, veniva scritta sul dorso del concorrente, che avrebbe dovuto comprendere quanto scritto ricorrendo al proprio senso tattile. Testamento, in ultimo, coincideva con il mignolo e una valanga di percosse sulla schiena. Qui si avvertiva solo il senso del dispiacere, per aver pescato il dito sbagliato.
Mi è tornato alla mente questo gioco semplice che probabilmente faceva anche mio padre da ragazzino e che oggi si è smarrito nell'era dei giochi elettronici, non perché erano cinque le parole come cinque sono i sensi che ci ha concesso la natura, ma perché il gioco sfruttava i sensi, il tatto, la vista, l'olfatto, l'udito e il gusto. Anche quest'ultimo aveva il suo spazio, come sintesi di sensazioni gustative e frullio di pancia, nel caso quella da baciare fosse stata la più bella del cortile.
Spiegato in questo modo, l'incipit può avere un senso. Passando poi dal cortile all'età adulta, i cinque sensi rimangono con la loro importanza e sono parte della visita medica. Essi hanno un significato specialistico, perché interessano il neurologo, l'otorinolaringoiatra e l'oculista. Sono espressioni di un'attività neurologica centrale, mediata dai nervi cranici e quindi più vicini di altri alle funzioni superiori del cervello.
Vista con senso medico, un'anomalia sensoriale può essere una condizione quasi fisiologica, quando si pensi alla presbiopia, al calo dell'udito o dell'olfatto senili. Al contrario, può diventare un campanello d'allarme per qualcosa che non funzioni correttamente nel cervello, per cause vascolari o neoplastiche, soprattutto se il paziente non ha un'età geriatrica. Nell'esame il medico considera con attenzione ogni calo sensoriale, le possibili ragioni cliniche e le conseguenti necessità diagnostiche. Tuttavia, la parola senso è un sostantivo polisemico, che interessa il medico nel suo quotidiano ben oltre i cinque sensi noti.
È anche vero che parecchi sensi polisemici non riguardano il semplice atto medico ma l'essere cittadino. Il senso della politica, il senso della storia, il comune senso del pudore, il senso dell'onore, il senso della misura, sono tutte riflessioni che riguardano un modo di essere o pensare. La persona deve possedere un senso morale, un senso della giustizia, senso critico, umoristico, senso per il ridicolo, senso estetico, senso per la decenza e senso pratico. In questo senso, utilizziamo il termine con significati astratti e lontani dalle percezioni individuate dalla neurologia.
Quando si guida ci si imbatte nel senso vietato e si deve rispettare il senso di marcia, mentre quando qualcosa di orribile balza alla nostra vista assai spesso ci si lascia andare ad un 'mi fa senso', inteso come sentimento di repulsione. Io, per esempio, non mangio carne di cavallo, perché mi fa senso. È un sentimento che manifesta un'impressione forte, non gradevole o addirittura un turbamento psichico. Alcuni nella vita non faranno mai il medico o l'infermiere, perché la vista del sangue fa loro senso. Nell'esercizio della professione medica esiste il senso del dovere, che obbligava noi tutti da ragazzini a studiare, fare i compiti senza le esortazioni della mamma, ad andare a letto presto la sera per non far fatica al mattino. Da adulti il senso del dovere si applica ogni giorno rispettando la professione, i bisogni dei pazienti o delle famiglie e la propria coscienza.
Nei confronti dei pazienti il Medico deve possedere il senso del rispetto per gli altri, cioè la buona educazione e il rispetto per le cose comuni. È vero anche che Il senso del rispetto per le cose altrui e per le persone dovrebbe essere ben consolidato in ciascuno a prescindere dal lavoro fatto. Un mio vecchio primario esortava tutti a gestire strumenti e presidi come se anziché al lavoro fossimo a casa nostra. Il guasto di qualcosa, un telefono, una lampadina o addirittura un elettrocardiografo pretendeva che lo si facesse riparare con la medesima attenzione e rapidità del televisore del salotto. Soprattutto pretendeva che ciascuno fosse responsabile nel farlo, senza attendere che qualcun altro prendesse la decisione.
Se un evento determina tanto dolore o ribrezzo da impressionare, esso può far perdere la coscienza. In questo caso più comunemente si dice che si perdono i sensi e si interrompono le nostre capacità di avere relazioni col mondo esterno. Uno svenimento ci toglie la vista, il tatto, l'udito, la percezione degli odori e ovviamente il gusto. Uno svenimento coinvolge il medico, che dovrà capire se esso sia frutto di terrore o di patologia. Sempre l’avvertimento di sensazioni interne, di natura fisica o psichica, come avvertire un senso di fame, un senso di benessere, di malessere, di stanchezza, di pesantezza alla testa, d’amaro in bocca, portano dritti a richiedere un parere medico.
Lo psichiatra lavora sempre su uno stato d’animo, una sensazione o un atteggiamento psichico.
Il 'sentire un senso di vuoto oppure un senso di rimpianto', può essere reattivo a un lutto o a una privazione e pertanto non patologico. Al contrario, avvertire cronicamente un senso di tristezza, d’amarezza, di sconforto, di rovina, è comune nelle depressioni e questo comporta un'attenzione clinica e un conseguente atto medico. I disturbi dell'equilibrio fanno perdere il senso dell'orientamento, che è normale quando si passeggi per la prima volta in un luogo sconosciuto e senza una mappa, ma è patologico se nella visita neurologica il paziente non cammini dritto a occhi chiusi o non si renda conto fin dove sia arrivato.
È senso comune che per essere medico sia doveroso possedere il senso morale, della misura e dell’equilibrio nelle decisioni. È necessario osservare i sintomi descritti dal paziente e quanto si rilevi di obiettività in una visita, per incasellare tutto quanto in una diagnosi che abbia un senso e che possa essere poi affrontata con una cura. Il paziente ha sempre bisogno di essere curato e quando essa non è più praticabile per le condizioni irreversibili egli nutre la necessità di ricevere un senso di cura, cioè di non abbandono.
In pratica, nell'esercitare la professione medica occorre tanto buonsenso e soprattutto riflettere ogni giorno sugli aspetti polisemici del sostantivo 'senso'. Solo così si potrà svolgere con attenzione il proprio dovere clinico.