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Campi di fragole per sempre
Sorridere ci può salvare
di Chiara Caravello
Il mondo del gioco è ampio, si compone di dimensioni positive e negative, è il luogo di svago da una serie di doveri, ma anch'esso si costruisce su altri sistemi di regole. Bello o brutto, implica fantasia o azzardo, insiemi di luci e colori, azioni predefinite, mosse in competizione o affiatamento.
Ma ciò che a tutto quanto possa definirsi gioco non manca mai, è la capacità di;sfondare le barriere del reale tangibile, i nostri limiti di protezione, i confini delle nostre percezioni.
Secondo alcuni, il gioco riguarda solo i bambini. Considerando tutta la sfera di azioni contenute nel termine, l'affermazione è ottusa e palesemente falsa, molti campi del gioco sono in realtà preclusi ai più piccoli. Naturalmente chi afferma ciò non si riferisce che all'ambito ludico,ricreativo, scolpito dall'immaginazione e denso di fantasia, ma si sbaglia comunque. Infatti, se fosse vero che i bambini si limitassero a giocare e gli adulti ad occuparsi di cose serie, allora i bambini sarebbero seri e gli adulti non avrebbero mai smesso di giocare, perché non c'è confine né differenza tra le due attività, penso che in questo senso giocare sia qualcosa di molto serio, intelligente e positivo. Quanto è misera infatti la serietà di chi non sappia sorridere, quanto sono povere le ambizioni di chi non sappia fantasticare, quanto è scadente qualunque intrattenimento che non arrivi a coinvolgere seriamente!
Il gioco è uno strumento molto potente, può perfino riuscire a salvarci della situazioni peggiori, essere usato per riprendersi da un momento brutto o per trarre del bene anche da un periodo difficile. Lo spazio in cui ci si mette in gioco è proprio quello in cui si smette di porsi domande, dove il pensiero non si pensa ma si attua, quello in cui ci si cimenta, si raccoglie l'esperienza e si cresce. Il momento del gioco è quello in cui si è presenti in senso assoluto, dove la linea del tempo si riduce ad un solo punto. Essere presenti non significa tanto essere immersi fino all'ultimo centimetro nella quotidianità, quanto stare in sé, varcare senza frontiere il mondo concretamente fantastico della nostra personalità, significa trovarsi nel pieno dell'essere e non del fare. Non c'è forza che nasca da giorni emotivamente piatti, non c'è energia dove non c'è movimento, non c'è innovazione sprovvista d'immaginazione, né crescita senza gioco.
Il regno della fantasia è quello spazio che include i sogni e li produce, è lì che si trovano le foci della determinazione, unico flusso vitale in grado di condurci all'affermazione di ciò che siamo o, in altre parole, alla felicità. Diciamocelo chiaramente, allontanarsi da questo mondo per prendersi troppo sul serio è un grande spreco di tristezza! Quando abbiamo un buon motivo per sorridere, non occorre trovarne un altro per cui trattenersi e, allo stesso modo, quando non abbiamo nessun motivo per essere tristi, non dovremmo aspettare altri buoni motivi per essere felici.
Giocare è lasciarsi andare, seguire il proprio flusso, essere liberi dal giudizio, dalle paure e soprattutto dalla paura del giudizio; è l'elasticità alla quale dovremmo essere abituati, educati. Invece è quello strumento che abbandoniamo per donarci ad un hitech che non sappiamo usare, che ci rallenta e ci frega mentre noi non ci siamo, rapiti dall'esterno, alieni a noi stessi, con la testa sempre fuori dal guscio. A lungo andare molti di noi perdono la capacità di giocare, si lasciano andare all'irrigidirsi delle articolazioni e dimenticano la flessibilità che non era solo del corpo, ma anche della mente. Ed è questo il nostro errore, lo stress ci piega perché siamo dei tronchetti rigidi e fragili, c'è poca linfa vitale a fluidificare l'impasto. L'elasticità è quella capacità di accogliere e rilanciare tutte le forze che arrivano, è la nostra possibilità di potenziare tutto ciò che tocca la nostra sfera, e di farci potenziare. Gli adulti non perdono la fantasia che i bimbi usano per giocare, la convertono maledettamente, la convogliano nelle ansie, dove ogni piccola preoccupazione diventa un castello di temibili bestie, ma senza più i dolci orsacchiotti che coccolavano, che potrebbero ancora consolarci con le loro parole. Basterebbe immaginare ciò che sognamo e non ciò che temiamo, basterebbe avere dei desideri impossibili per poterli realizzare con la fantasia, per vedere scintillare la magia dove nulla è accaduto, ma tutto è cambiato.