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Lo scatto in punta di piedi...
... necessita di una concentrazione sussurrata
di Andrea Basci
Ssst! – Nessun rumore a infastidire quello che l’obbiettivo osserva. Solo un leggerissimo click dell’otturatore a lamelle che non riesce a disturbare nessuno.
Così respiravano le Leica a telemetro appese al collo e tra le mani di tanti artisti del '900 con Bresson in prima fila. O il silenzio dello studio dove la concentrazione gira e si dipana tra oggetti e luci a cercare soluzioni ai problemi della visione fotografica.
Magari ore per poi sentire solo il fruscio del Copal, otturatore che ha scritto la storia della fotografia, a lasciar passare la luce necessaria per imprimere e disegnare la pellicola. Formati che partivano dal 10x12 per arrivare allo stratosferico 20x25, il non plus ultra della qualità, forse ancora irraggiungibile dai più performanti dorsi digitali. Diapositive così grandi che come si mettono alla luce ci si casca dentro, con gli occhi e con i pensieri.
E la Sinar, il banco ottico per antonomasia, con le sue mille leve e manopole a regolare piani di fuoco e basculaggi ma tutto senza rumore.
Meccanismi perfetti.
Poi la fotografia ha avuto la necessità di entrare con prepotenza nella vita, grande fame di documentazione e così sono cominciate le raffiche Nikon, Canon ed altri guerriglieri ad infastidire tutto e tutti. Già la sola presenza di una macchina fotografica è un di più nel teatro quotidiano, ma se viene accompagnata da sventagliate di mitragliatrice diventa presenza ingombrante e disturbante. Specchi che si alzano, otturatori a tendina troppo rumorosi, rapide chiusure dei diaframmi per dieci scatti al secondo, un concerto cacofonico e fastidioso.
La fotografia è concentrazione sussurrata, chi fa rumore è forse un bravo artigiano, ma non un fotografo; tutte quelle indispensabili ramificazioni dell’immagine che vanno dallo sport per arrivare ai paparazzi più insistenti sono dedicate a professionisti con grandissime competenze, ma che non fanno parte dell’arte del silenzio.
Quando lo sguardo si abbassa sul mirino tutto tace; veloci calcoli mentali, composizione degli spazi, un pensiero alla scala tonale e poi un calcolo del fuoco, giusta scelta dei tempi, ombre da controllare e coerenza delle luci. La fotografia è disciplina del silenzio. Gli automatismi sono per bravi artigiani da dieci scatti al secondo.
Da qualche tempo ho in mano una x100, da lontano pare un cimelio degli anni ’50 ma è un concentrato di tecnica senza rumore.
Difficile.
Da capire ed imparare.
C’è anche una A sulla ghiera, ma tende a spostarsi da sola, quasi a dirti «ci sono ma non usarmi» e lascia a te le scelte prima dello scatto.
Necessita di concentrazione e si rifiuta di lasciarsi andare a rumorose esclamazioni. Ma il risultato è una fotografia pensata e costruita dalle mani a dalla mente che sono dietro il mirino. In silenzio, come dovrebbero essere le linee che si disegnano ogni giorno: senza clamori, senza inutili rumori e senza sventagliate di parole.
Scelte che facciano riflettere, pensate e costruite un attimo prima di mostrarle, come prendere in mano una vecchia Leica e regolare tutti i parametri prima che l’indice prema. Niente raffiche, prima di scattare.
In punta di piedi, in silenzio.
Ssst!