Il grande altrove

Un viaggio estatico verso il mondo dei morti

di Luca Calabrò

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Cerbero e fucina di vulcano, Galleria di Luca Giordano

In tutte le culture vi è un 'Luogo' remoto che segna il totalmente 'altro' dall’esperienza quotidiana.

I nomi sono molteplici: Inferno, Ade, Tartaro, Averno e molteplici le creature che lo abitano, Ais, Persefone, Cerbero, ecc.

Per iniziare il viaggio, seppur rapido, sull’argomento partirei dalla suggestione etimologica di un noto e discusso filologo, G. Semerano. Dagli affreschi di alcune tombe etrusche – come quella degli Auguri di Tarquinia - emerge una figura misteriosa con un affusolato copricapo: è Phersu, dio dell’Averno. Non entro, per motivi di competenza, nell’ambito della dibattuta lettura etimologica, ma ne colgo la suggestione. Semerano infatti fa derivare il nome – variamente interpretato - dal babilonese “persu” (separazione) dal verbo “parasu” (separare), da cui ha origine anche il latino “pars”. Dalla base semitica sorge anche l’ebraico “paras” nel senso di dividersi, separarsi, allontanarsi. Allontanarsi, partire: ecco l’immagine chiarissima che evoca l’Oltretomba, il Regno dei morti, il Regno lontano.

Auguri di Taquinia

Auguri di Tarquinia

Nel tempo, le immagini, i miti e le narrazioni, come in un gioco di specchi si moltiplicano all’infinito, dalle testimonianze più lontane, alle più vicine e a noi più note. Un posto di straordinario rilievo ha il viaggio di Dante nell’Inferno, viaggio anche in senso morale di 'separazione' dalla vita precedente, verso un’elevazione spirituale. Ciò che vorrei analizzare è la forma dell’inferno dantesco, la sua struttura spaziale, che ha la forza di una rappresentazione pittorica. Se di struttura spaziale si tratta, è importante la direzione del viaggio. È uno scendere al centro della terra, scendere che mostra una delle nature dell’oltretomba, quella ctonia comune ad altre culture. Non è, quello dantesco però, uno scendere qualunque, è lo scendere in uno spazio gerarchico e geometricamente strutturato. La gerarchia però è invertita rispetto a quella del Paradiso, il moto è, per usare un termine musicale 'retrogrado'. L’Inferno si restringe, il Paradiso si dilata.

Tutto è scandito con il ritmo simbolico di relazioni sostanzialmente 'invertite': discesa-ascesa, restrizione-dilatazione, colpa-contrappasso… Lo spazio dell'Inferno è inverso. L' inversione è una relazione geometrica che si carica nel poema dantesco di senso morale. Una struttura che organizza uno spazio fisico, simbolico o logico con un senso morale è una forte suggestione che viene dalla filosofia scolastica medioevale. La sistematicità, l'organizzazione, la suddivisione gerarchica sono caratteristiche dello spazio mentale che, secondo Panofsky - nel saggio su architettura gotica e pensiero scolastico - rimandano alla struttura della 'summa' della Scolastica. Parliamo di razionalizzazione quindi e l'Inferno di Dante è un Inferno razionale e ciò che è razionale si 'manifesta'.

inferno dantesco

Inferno dantesco

'Manifestare' è , secondo Panofsky, uno dei modi e dei fini della filosofia sistematica. In questo trova origine la pittoricità delle immagini dantesche. L'Altrove infero però non sempre si pone con l'evidenza del manifestarsi razionalizzante e logico o visivo. Altre culture 'vivono' l'Altrove secondo un'altra percezione dello spazio. Nelle tombe etrusche, da cui eravamo partiti, gli affreschi si sviluppano sulle pareti con lunghi cortei di personaggi e lo spazio in cui le figure 'galleggiano' non è scandito né organizzato se non dalla loro presenza. (FOTO 3) Viene da pensare allo spazio vago in cui 'fluttuano' le rappresentazioni primitive delle incisioni rupestri o della pittura delle grotte preistoriche. Si avverte in esse una sensazione di lontananza storica da noi e dal nostro rendere definita ogni cosa. L'atteggiamento mentale della razionale civiltà delle immagini - in cui tutto è disponibile perché continuamente visibile - ci separa dalle civiltà tradizionali che vivevano invece l'indefinito simbolico del 'Grande Altrove'. Il viaggio estatico verso il mondo dei morti è tema antichissimo diffuso in moltissime culture. Nello straordinario libro sul sabba, «Storia notturna», Carlo Ginzburg propone varie testimonianze del volo notturno delle streghe a cavallo di animali o trasformate in essi al seguito di una misteriosa divinità dai vari nomi (Diana, Erodiade, ecc). Secondo Ginzburg il 'volo magico' è il volo dell'anima dello sciamano verso l'aldilà. Ecco una delle più antiche testimonianze sul volo notturno delle streghe: «...molte donne scellerate… sostengono di cavalcare la notte sopra certe bestie insieme a Diana… di percorrere grandi distanze nel silenzio della notte profonda… di obbedire agli ordini della dea… in determinate notti». Questo testo è circa del 906 d.C.

Necropoli di Tarquinia. Tomba dei Leopardi w

Necropoli di Tarquinia. tomba dei Leopardi

Il libro XXIV dell'Odissea si apre così: «le anime dei Proci viaggiano al seguito di Ermes lo psicopompo alla cui verga d'oro obbediscono Ermete Cillenio chiamava le anime… le guidava e loro lo seguivano… svolazzando come i pipistrelli… andavano insieme… il benefico Ermes le conduceva. Superarono le correnti di Oceano e la Candida Rupe, superarono le porte del Sole e il paese dei Sogni, e subito giunsero al prato asfodelio: dimorano in esso le anime, parvenze dei morti». Secoli e spazi amplissimi separano questi due testi, ma la struttura narrativa si equivale. Due particolari. Il primo: l'aggettivo 'benefico' riferito ad Ermes nell'Odissea risuona negli attributi con cui dalle donne processate per stregoneria venivano invocate le misteriose figure di divinità che le conducevano nei viaggi estatici: «buona dea, placida ecc.». Questi aggettivi, rivolti spesso anche ad antiche divinità funebri come Ecate, "hanno un carattere propiziatorio". Il secondo particolare: spesso le donne e gli uomini processati per stregoneria dicevano di compiere i loro viaggi estatici durante le quattro 'tempora', cioè i due equinozi e i due solstizi. Le porte del Sole di cui parla l'Odissea sono state spesso interpretate come quattro 'tempora'. Una indicazione spaziale è invece quella delle 'correnti di Oceano'. Anche Odisseo nel suo viaggio verso l'Ade, dopo aver attraversato l'Oceano giunge alle 'selve di Persefone' e alle 'case ammuffite di Ade'.

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Persefone, dai romani chiamata Proserpina, era figlia di Zeus e di Demetra

Una pagina della «Guerra gotica» dello storico Procopio scritta circa nel 552-553 d.C. racconta di villaggi posti sulle 'rive di Oceano' i cui abitanti conducevano le anime dei morti verso una misteriosa isola nel mare del Nord. Questi villaggi erano situati probabilmente sulle coste dell'Armonica, l'odierna Bretagna. Oceano è dio antichissimo. La 'Teogonia di Esiodo' stabilisce un legame tra Notte, Morte, Sonno, Stirpe dei Sogni e le Esperidi che dimorano al di là di Oceano 'dalle profonde correnti'. Anche le ctonie e le Gorgoni risiedevano oltre l'Oceano. Immagini lontane che si richiamano, torna il gioco degli specchi. All'Inferno 'razionale', cristiano e letterario di Dante fanno dunque da contraltare misteriosi viaggi nell'Altrove in condizione di coscienza dilatata, oltre frontiere simboliche. Nelle società tradizionali il viaggio nell'Aldilà è esperienza diretta, iniziatica, che si riflette poi in riti e anche nella struttura stessa della fiaba di magia (la casa in fondo al bosco abitata dalla vecchia Baba Jaga).

Propongo infine due suggestioni legate al cinema e alla musica. La suggestione del viaggio nella foresta in fondo a cui vi è una casa abitata da un essere misterioso è viva ancora oggi come immagine del viaggio iniziatico nell'aldilà. Il celebre film di Dario Argento «Suspiria» inizia con una scena che, sebbene ambientata ai giorni nostri, evoca il viaggio notturno verso 'Il Luogo misterioso'. Per altro anche il viaggio di Cenerentola verso il castello del principe è interpretato in questo senso. La protagonista del film, un'aspirante ballerina che da New York arriva a Friburgo per frequentare una celebre accademia di danza, ha volutamente le fattezze di una bambina, l'essere ingenuo 'non iniziato' che intraprende il viaggio.

La suggestione antichissima Phersu guardiano dell'Oltrtomba da cui eravamo partiti ci conduce ad Ade che ha ispirato il grande compositore contemporaneo Iannis Xenakis. Proprio Xenakis, di origine greca, che si è formato nella suggestione dell'Ellade arcaica, ha composto un brano dal titoli inequivocabile «Ais», nome del dio dei morti. Il brano dall'andamento solenne e rituale - per baritono percussioni e orchestra - ruota attorno alla prodigiosa estensione della voce solista, capace di coprire circa tre registri (basso, tenore, contralto) e di spingersi in falsetto fino a toccare il registro di soprano.

Ogni registro ha tre modalità diverse di canto: quello di basso, che ha come testo il viaggio di Ulisse nell'Ade, scandisce solennemente i versi secondo la metrica omerica, quello centrale, in cui si intona un frammento di Saffo, segue il 'melos' dell'antico canto modale greco. Il registro acuto invece non ha testo: l'emissione vocale si modella sul canto di alcuni uccelli che nell'antichità erano ritenuti messaggeri dell'Oltretomba e che Xenakis aveva ascoltato di notte durante una vacanza nelle Cicladi. Tre voci in una di cui quella acuta, che emette inquietanti gorgheggi e ululati più animali che umani ci riconduce in questo infinito gioco di specchi al 'teriomorfismo': la trasformazione in animali delle streghe, i travestimenti animali degli sciamani e quelli nelle processioni folcloriche e le fattezze ferine degli dei frequenti nell'Inferno dantesco. Metamorfosi, quindi, trasformazione, separazione (Phersu) che è proprio il senso dell'Aldilà: la trasformazione radicale in peggio o in meglio a cui tutti siamo chiamati.

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