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Il futuro economico dell'Italia
Esistono strategie per evitare quello che sembra un declino annunciato?
di Andrea Luzzi
Alcuni economisti, categoria che contiene molteplici figure dai cartomanti agli acrobati dell'econometria, suggeriscono alla Banca Centrale Europea di inondare il continente di gustosissime banconote da 500 euro.
La Banca del Giappone fece lo stesso con lo yen negli anni '90 ma l'immensa liquidità immessa non ha portato grande beneficio al gigante asiatico. La situazione, oggi, è molto più preoccupante se confrontata con lo scoppio della bolla nipponica, poiché molti paesi europei sono in competizione fra di loro nell'accaparrarsi il surplus di offerta monetaria.
La trappola della liquidità che ne consegue riduce gli effetti degli interventi sul sistema finanziario da parte della BCE e non trasmette all'economia gli stimoli espansivi di una maggiore quantità di moneta. L'ultimo intervento della Banca Centrale si è contraddistinto per una iniezione di liquidità alle banche le quali, invece di intermediare il flusso portando il credito alle imprese, hanno cominciato ad imbottirsi di debito pubblico nazionale. Oggi, le banche dei diversi stati europei, a differenza di cinque anni fa, detengono quasi esclusivamente debito emesso dal proprio paese di appartenenza.
Questo intervento ha così reso estremamente difficoltoso il ricorso alla ristrutturazione del debito pubblico, come prospettato da altri economisti.
Questa soluzione è in aperta contrapposizione con la precedente e poteva essere attuata qualche anno fa, quando metà dello stock di debito era detenuto da soggetti non residenti nel Bel Paese, ma oggi risulterebbe estremamente dannosa. Nel momento in cui il 68% del debito è detenuto da banche e privati italiani una riduzione del valore nominale dello stesso si tradurrebbe in minore ricchezza privata del paese e l'effetto sarebbe quello di girare il debito dello Stato italiano dalle casse del Tesoro ai portafogli delle famiglie e delle banche (non crediate che le due categorie siano nettamente separate). Null'altro che una partita di giro a mio avviso decisamente pericolosa.
Nella serie di grafici che vedete, si fotografa la situazione attuale in modo purtroppo estremamente chiaro e incontrovertibile. Si vede come l'Italia stia subendo l'impatto della perdita di competitività dovuta all'entrata in vigore dell'euro. I governi degli ultimi vent'anni avrebbero dovuto approfittare del grande vantaggio di poter emettere titoli di stato a tassi di interessi molto bassi, ma la miopia che contraddistingue la classe politica italiana (e non solo quella) ha lavorato alacremente per procrastinare alle calende greche le riforme necessarie per riconquistare la competitività che in maniera fisiologica si andava perdendo. Oggi il paese non riesce più a godere di quei bassi tassi di interesse, il debito pubblico non è sceso come avrebbe dovuto, la disoccupazione cresce in misura preoccupante, anche se altri stati europei sono in condizioni peggiori e la competitività continua ad indebolirsi come evidenziato dal calo della produzione industriale, dal forte decremento di GDP e da un asfittico avanzo primario.
La produzione industriale
Il Bel Paese è entrato in un maelström senza vie d'uscita e, come il vecchio del racconto di Poe, sta raccontando la propria discesa nell'abisso. L'Italia ha bisogno di un cambiamento di mentalità e di direzione ben al di là di quanto oggi venga prospettato dai leader alla guida del paese e molto probabilmente, anche di un aiuto esterno che possa permettergli di superare i prossimi durissimi dieci anni. Anche la Valtellinae le aree alpine non si sottraggono purtroppo alle vicissitudini che stanno portando l'Italia lungo un crinale difficile da risalire.
Forse, come vogliono indicarci i Muse nel loro ultimo album e più propriamente Reiner Kümmel, il cui libro, The second law of economics, ha ispirato la band inglese, il futuro sarà segnato da una lenta agonia. Kümmel raffigura l'economia come un sistema chiuso ed in quanto tale del tutto sottostante alla seconda legge della termodinamica, per la quale, la quantità di energia utilizzabile tende a decrescere nel tempo, innalzando continuamente il livello di entropia.
Il reddito personale disponibile dei vari paesi
Se così fosse, le "magnifiche sorti e progressive" che vogliono un'economia in continua crescita potrebbero essere solo un'utopia che si scontra con la limitatezza delle risorse ed il nostro futuro non può che portare con sé un lento ed inesorabile declino a vantaggio dei paesi emergenti, i quali sapranno utilizzare meglio di noi la sempre più scarsa energia.
Per quanto l'analisi di Kümmel abbia molti aspetti condivisibili, il pedissequo passaggio dei concetti cari ai fisici (egli stesso è un fisico teorico) in ambiente economico è, però, del tutto fuorviante.
L'economia non è un sistema chiuso, cioè incapace di ricevere e mandare segnali all'esterno, ma può beneficiare dello sviluppo del pensiero umano, il cui unico limite sta nella sua stessa umanità. "Ahimé", aggiungerebbe quella testa calda di Nietzsche, mentre a noi non resta che tradurre le ultime parole di Lucrezio dal Libro V del De Rerum Natura:
"Namque alid ex alio clarescere corde videbant, artibus ad summum donec venere cacumen", difatti, "grazie alla mente videro chiarirsi le une e le altre cose, e con le arti raggiunsero il culmine più alto".