La famiglia
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AAA cercasi famiglia
«Malcolm» di James Purdy
di Luca Conca
Malcolm, il ragazzino protagonista del primo romanzo di James purdy scritto nel 1959, una famiglia non ce l’ha.
Rimasto solo al mondo dopo che il padre se n’è andato senza spiegazioni, passa tutte le sue giornate seduto sulla panchina davanti al Grand Hotel nel quale divideva una camera con il genitore e che adesso ha tutta per sé.
Non conosciamo nulla di Malcolm, non sappiamo perché lo abbiano abbandonato, che ne è stato della madre, se ha fratelli, sorelle, delle persone che lo hanno cresciuto o anche solo conosciuto prima di lasciarlo ad affrontare la sua vita in una grande città.
L’autore sembra che voglia presentarci fin da subito un personaggio simbolico, una metafora del senso di isolamento e solitudine della condizione umana. E anche un’idea di purezza e verginità; Malcolm non ha ancora quindici anni e della vita non conosce nulla, né le emozioni né i suoi legami, un’assoluta innocenza e purezza di fronte alle infinite insidie dell’esistenza.
Una sorta di buon selvaggio roussoniano, un animo puro non ancora corrotto dalla malvagità e dalle finzioni dei rapporti umani. La giovinezza e l’inesperienza del giovane protagonista sono forse gli unici elementi reali, 'tridimensionali' di un personaggio altrimenti descritto solo nella sua valenza allegorica e quasi onirica, come lo spessore di una figura sognata, fuori dal contesto, fuori dal probabile, che si muove come un attore su un fondale scenico. Sappiamo però che Malcolm è un giovane di straordinaria bellezza; bellezza e fascino di cui non è consapevole ma che rappresentano il suo irresistibile lasciapassare per il mondo che lo aspetta.
Tutto il romanzo ha un impianto teatrale e infatti nel 1966 verrà rappresentato a Broadway nell’adattamento di Edward Albee. I personaggi entrano ed escono nel libro come su un palcoscenico e la placida serenità di Malcolm rappresenta il fulcro attorno al quale girano e si danno da fare.
Perché in effetti l’azione, il movimento e le svolte nel romanzo sono subite più che sollecitate dal protagonista, che ha invece nel suo ruolo un senso di fiduciosa attesa.
foto: Malcolm (opera teatrale)
Mr. Fox, uno strambo e filantropico astrologo, nota Malcolm tutto solo su quella panchina giorno dopo giorno, incuriosito e impietosito dalla triste storia di abbandono del giovane decide di aiutarlo fornendogli gli indirizzi di tre diverse persone che lo potranno accogliere e strappare a quella solitudine. In altre parole Mr. Fox vuole dare a Malcolm una nuova famiglia; considera un “presagio” l’averlo trovato e non si capacita del fatto che un ragazzino possa trascorrere le sue lunghe giornate solo seduto ad aspettare. Nel modo brusco ed efficiente che lo contraddistingue, l’astrologo ordina a Malcolm di presentarsi a quegli indirizzi, convinto com’è che i tre nomi rappresentino le migliori tra le tante possibilità che la vita in una metropoli ricca ed effervescente come quella possa offrire, quasi come se non si trattasse di persone reali ma dei tre custodi di altrettanti e luminosi futuri.
Invece Malcolm si troverà di fronte assurdi personaggi, un becchino dalla pelle nerissima, una miliardaria alcolista e depressa e il suo rassegnato marito, un pittore nano e la sua nevrotica consorte, che non possono rappresentare in nessun modo una famiglia e tantomeno le guide spirituali ed educative per la sua formazione che tanto vorrebbe.
Il lettore e Malcolm faranno la conoscenza di tipologie umane e caratteriali ai limiti dell’assurdo, strampalate e schizofreniche che, conquistate immediatamente dalla bellezza e dalla remissività dell’orfano, cercheranno in tutti i modi di blandirlo e corteggiarlo. Ognuno degli aspiranti nuovi parenti adottivi di Malcolm vede in questo incontro l’occasione di redimersi, di aggiustare la propria vita, di renderla più felice, di sollevarla dalle preoccupazioni e alleggerirla dalle frustrazioni; ognuno di loro vuole Malcolm per sé e vuole allo stesso tempo che, contro ogni ragionevolezza e buon senso, il giovane posi i suoi occhi pieni di serenità e meraviglia su tutti quei difetti e li veda invece come tante pietre preziose. Per tutto il libro Malcolm, sbatacchiato tra invidie, gelosie e ripicche, non giudica e non sceglie, troppo impegnato a capire il mondo e la vita che finalmente si trova a vivere e a compiacere i suoi nuovi amici.
Non è preparato, dopo solo pochi giorni, a prendere dai legami famigliari e da quel senso di appartenenza e compagnia che ha tanto voluto, gli aspetti peggiori e meschini. L’ingenuità di Malcolm è anche la sua difesa ma nel suo comportamento non c’è strategia; il suo desiderio di assecondare il desiderio altrui è sincero anche se completamente inadeguato. Malcolm, salvato dall’infelicità e dalla solitudine, viene trascinato nell’infelicità e nella solitudine dei suoi stessi improbabili salvatori.
James Purdy è uno scrittore misconosciuto e difficilmente catalogabile, che ho associato ad autori come Nathanael West e Jerzy Kosinsky, sempre in bilico tra reale e surreale, tra il grottesco e il misurato, con una prosa che perde aderenza con il vero man mano che procede e che si fa dolente e disincantata. Mi ha ricordato lo sfogo di un invitato a una festa che dopo aver bevuto un po’ troppo inizia a straparlare e via via il suo discorso si fa sempre più astruso e indecifrabile ma riusciamo lo stesso a cogliervi una lucida amarezza e alla fine non sappiamo più se sta scherzando o se non è mai stato così serio in vita sua.