La magia

Storie di Spettri

di Mario Soldati

di Luca Conca

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Quando ho visto tra le opere letterarie di Mario Soldati il titolo «Storie di spettri», ho subito pensato ad un errore o peggio a una furba ristampa.

Ho pensato che si fosse scelto un titolo più accattivante, che strizzasse l’occhio a quel genere di sicura presa sui lettori che è il racconto di paura, di mistero, con tanto di storie di fantasmi.Un po’ come quegli album musicali di classici natalizi in cui ogni artista si è cimentato nel corso della propria carriera. Spesso una soluzione per rinfrescare (anche se sembra una contraddizione) l’immagine del cantante o per dare nuova linfa al proprio materiale che non riesce più ad essere 'contemporaneo'; e allora il 'Christmas Album' vale come sicuro rifugio tra le certezze di un catalogo pieno di canzoni senza tempo. Questo paragone che sembrerà ardito è invece a mio parere perfettamente calzante nel caso di uno scrittore trascurato come Soldati, (nato a Torino nel 1906 e morto a Tellaro, La Spezia nel 1999) conosciuto soprattutto come regista e uomo di televisione ma poco come scrittore nonostante perfino un Premio Strega vinto nel 1954 con «Le lettere da Capri» e un’attività letteraria che lo ha accompagnato per tutta la vita.

storie spettri 640Anch'io come il più distratto dei lettori mi sono meravigliato di quel titolo che mi appariva stonato nell’elenco delle opere. Questo perché Mario Soldati ha nella sua cifra, nei suoi temi, un’attenzione potremmo dire alle sfumature del vivere, in cui alcuni eventi autobiografici spesso attraversano le righe dei suoi romanzi confluendo in un ricchissimo mosaico umano ed esperienziale; ma appunto anche se ogni romanzo può rappresentare una tappa del proprio vivere o del comune 'sentire', si percepisce un’unitarietà di ambienti, di personaggi, di caratteri mutuati dai ricordi dell’autore. Nulla di terrorizzante, o di misterioso, se non i piccoli misteri insondabili della vita di tutti i giorni, quelle imprevedibili increspature del quotidiano che possono stravolgere una rassicurante routine; nulla poi, soprattutto, che riveli una frequentazione chiara di uno dei generi più 'commerciali' della narrativa.

Certo il genere della ghost stories vanta esempi illustrissimi, a cominciare da Charles Dickens che con i suoi racconti di fantasmi attorno al focolare, come ha scritto Anthony Burgess 'ha inventato il Natale'. E poi Edgar Allan Poe, Ambrose Bierce, Wilkie Collins, Henry James; e poi tutti i numerosi romanzi gotici con le loro atmosfere romantiche e orrorifiche.

Però ancora non riuscivo a collegare tutto questo a Soldati. Storie di spettri, uscito nel 1962 per Mondadori è invece innanzitutto una raccolta voluta e curata dall’autore che voleva radunare insieme venti racconti apparsi tra gli anni Cinquanta e i primi due anni del 1960 e proprio il titolo, prima ancora che l’accostamento dei racconti, doveva dichiararne l’atmosfera. Come scrive Soldati stesso si tratta di «Squarci, spettri, specchi, trasparenze: barlumi di verità».
Ed è vero, mai come in questo libro l’autore tiene uno stesso registro narrativo e si avvicina a quelle pieghe misteriose del caso: un semplice gesto, un’apparizione dal passato, una coincidenza, una verità impossibile; la vita che sembra sia stata 'messa in scena', la realtà dietro il sipario dell’esistenza.

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Quindi mi sbagliavo ma... non mi sono sbagliato: letto il libro infatti, avanzando nella lettura, ho capito che Soldati ha voluto raccontare ancora una volta, anzi ancora venti volte, tanti quanti sono questi racconti, la sottile magia della vita. Una magia che per lui sta in una dolcissima malinconia, in un sentimento di attesa o di rimpianto che ammanta i ricordi, li vela, li trasfigura nella realtà come fantasmi di ciò che avremmo potuto vivere, di errori che avremmo potuto evitare. Non si tratta però di sottili inquietudini o di paure ma di qualcosa di inspiegabile, di magico, che, superata la paura, lascia solo sorpresi, quieti in un’accettazione serena, finalmente in pace con i propri 'fantasmi'. A volte poi la spiegazione di qualche fatto incredibile è molto più terrena e prosaica ma non ha importanza, per il personaggio è stata una dolce rivelazione.

Come ne «Il tarocco numero 13» in cui l’incontro notturno, in una gelida notte invernale stellata, con un vecchio tutto intabarrato in uno spesso cappotto riporta il protagonista ai ricordi della giovinezza; quell’uomo è l’ammiraglio con cui giocava a carte nell’albergo in cui trascorreva le vacanze di Natale trent’anni prima. Però il vecchio ammiraglio non mostra di riconoscerlo. Una volta tornato in quello stesso albergo il protagonista racconta agli amici dell’incontro e si sente rispondere che chi ha visto non può essere l’ammiraglio, è morto un anno prima, anzi oggi è proprio l’anniversario di quel fatto.

O come in «Ada e Resi», in cui conoscere una giovane e bellissima ragazza, Ada, fa ricordare al meccanico Carlo Aymerito la fidanzata di tanti anni prima che aveva illuso e poi lasciato per un’altra. La giovane si fa corteggiare e accetta un invito a cena, accettando anche che Carlo passi a prenderla a casa e dandogli l’indirizzo preciso. L’uomo è tanto che non torna in quella zona della città (una Torino mai più così 'spettrale') però è sicuro che quella via, quella palazzina lui li conosce. Aspetta pazientemente davanti al portone dello stabile ma nessuno scende. Inquieto e anche irritato decide di salire fino al pianerottolo dell’appartamento, suona alla porta. Passano alcuni minuti e poi una voce chiede chi è, la porta viene socchiusa e attraverso lo spiraglio Carlo indovina un arredo modesto e una luce flebile e la donna matura e sfiorita che lo guarda con aria interrogativa è Resi, la sua vecchia fidanzata.a

O ancora in «Natale di rabbia» in cui il professor Comorio, rimasto vedovo e inacidito da una vita di sacrifici e ambizioni frustrate, trascorre l’intera vigilia di Natale passeggiando per una Torino gelida, inorridito dal frastuono del traffico, dalla maleducazione dei pedoni, dalle brutture dei nuovi edifici ma che poi quasi allo scoccare della mezzanotte si trova davanti al vecchio edificio dell’Unione Industriale, le cui finestre del seminterrato sono aperte e le sale illuminate; il professore seante qualcuno che canta, felice e beato. Si avvicina e si sporge all’interno, a cantare è un ragazzino di 17 anni, sostituisce il custode che è in ferie, dice, e la leggerezza, la gioia di quel canto a squarciagola coinvolgono il professore che scoppia in una risata. Continuerà a ridere fino a casa e davanti alla sorella che lo guarda sbigottita risponde : «Non temere, non sono pazzo. Soltanto, che comincio a capire: comincio a divertirmi, guarda».

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Si potrebbe dire che Soldati utilizzi l’intento 'educativo' dei racconti di Dickens, passare attraverso il misterioso per ritrovare la propria bontà, solo che qui gli 'spiriti' soldatiani sono le memorie lontane del passato, dei giorni felici dell’adolescenza e ci si risveglia alla fine forse anche un po’ tristi.
La magia è l’occasione di vedere la propria vita attraverso una lente nuova, sorprendente ma non lucida, anzi, velata dalle dolcezze del ricordo.

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