La magia
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Sapienza teurgica e alterazioni moderne
Il significato e il senso dell' irrazionale nell'esperienza umana
Un discorso serio sulla magia può esser fatto solo se la stessa viene collocata storicamente nell'evoluzione del pensiero e delle pratiche (filosofiche-filosofali) umane.
Per quanto mi riguarda, ogni accezione del termine che non parta da questa disamina non può far altro che fraintendere, nell’adesione acritica come nel contrasto, il nocciolo della questione. Le posizioni di ridicolizzazione – con tutto ciò che di vero viene anche detto e fatto per smascherare i ciarlatani (ricusando, però, la caccia alle streghe di molta 'scienza esatta' moderna) –, come quelle di un'adesione superstiziosa e dogmatica alle pratiche di tipo magico – legate a credenze ataviche prive del supporto del pensiero e della chiara coscienza –, dal punto di vista di chi vuol conoscere a fondo questo tema, ritengo fraintendano completamente i termini della questione.
Consideriamo, inoltre, quanto il reale bisogno di immaginifico, di visionarietà, di spiritualità, massicciamente presente nella nostra contemporaneità, sia prontamente utilizzato dal nostro sistema economicistico per 'fare cassa', talune volte (rare) su una strada robusta (vedi film e testi quali Matrix o Il signore degli anelli o La storia infinita e simili), tali altre (la maggioranza dei casi) solo espressione di speculazione derealizzante e orientata alla pecunia (vedi la saga di Herry Potter, i numerosi “maghi” Otelma di turno e simili).
Le pratiche teurgiche ed ermetiche dell'antica sapienza egizio-caldaica ed oracolare del neoplatonismo, di stampo orfico e misterico, mediate dalle testimonianze di storici e filosofi dell'epoca o poco posteriori, ci possono aiutare a comprendere la serietà con cui questo argomento dovrebbe essere trattato. Passando dall ágalma («statua divina») e dall'áphele pánta («elimina ogni cosa») di Plotino si arriva a posizioni più radicali in Proclo e Giamblico, dove i 'misteri' platonici venivano considerati più che mera dottrina, diventavano vita vissuta. Per diventarlo, secondo i nostri, bisognava procedere oltre e affiancare ai suddetti elementi plotiniani la pratica di “riti sacri', vale a dire la pratica di un esercizio progressivo e intenso della magia, di cui la telestikè, l'arte di consacrare statue e simulacri divini, è la prima forma e la più utilizzata e conosciuta. Il termine magia in questo contesto, non è qualcosa di volgare in cui ci si dedica a interessi e finalità materiali, bensì il superare i limiti della ragione umana per portarsi al cospetto degli dei. Proclo e Giamblico parlano appunto di 'teurgia' in questo senso: 'opera divina' che eleva l'uomo al huperphués, al super-umano, inverando quell' 'assimilazione al divino' e quelle 'iniziazioni perfette' accennate da Platone nel Teeteto e nel Fedro. Quindi magia come 'opera' e 'azione' in cui filosofia e teurgia costituivano due livelli distinti e progressivi di un unico processo estatico ed epoptico. Olimpiodoro nel suo Commento al Fedone chiarisce lo scopo della teurgia: «farci essere una ‘cosa sola' con l'intelliggibile e conformare la nostra ‘attività’ a quel modello». Secondo Proclo (Teologia platonica) ci si può unire ai principi superiori e divini della realtà seguendo tre vie: «alcune cose si congiungono ai loro principi per mezzo della follia amorosa, altre attraverso il divino amore per la sapienza, altre ancora per mezzo della potenza teurgica che è superiore a ogni saggezza e a ogni sapere dell'uomo, in quanto raccoglie in sé i poteri della veggenza, le forze purificatrici dell'iniziazione e tutti gli effetti della divina possessione».
Teurgia significa scienza sacra, scienza ieratica in cui 'comunione', 'partecipazione' e 'unione' sono, secondo Giamblico (I misteri egiziani), i diversi gradi in cui si svolge l'operazione ad intensità progressiva. Le ritualità magiche, teurgiche, sono sostenute da simboli e formule atte all'evocazione e all'epifania divina sotto forma di veggenza, immagini di una 'bellezza immensa' scrive Giamblico ne I misteri egiziani, e di oracoli (enthousiasmós). Un altro termine significativo utilizzato da Giamblico è autopsía che non significa solo un 'vedere' la realtà superiore, ma significa anche un evento che trasforma integralmente il soggetto: l'autopsía teurgica non è solo conoscenza, ma anche e soprattutto attività, energia, in sintesi è una 'visione di potere' nel senso di poter essere e agire in modalità sovraumana.
Per mezzo del contatto, del congiungimento con le forze del mondo divino, di sústasis, il teurgo diviene lui stesso 'demiurgo' perché può agire sulla natura e sui corpi, operando modificazioni e riconfigurando gli elementi in base agli effetti che vuole ottenere in virtù del potere della forza divina evocata. Purificazioni (lustrazioni rituali), simboli, evocazioni, congiungimenti e opere demiurgiche sono i passaggi previsti dalla teurgia orfico-caldaica nel procedere sulla via del perfezionamento. La biografia di Proclo stesso (Marino, Vita di Proclo) ci racconta di quanto l'aver percorso questa via abbia portato Proclo a raggiungere risultati mirabili: aveva risanato la figlia del suo maestro dove gli altri medici avevano invece fallito; aveva fatto piovere in un periodo in cui l'Attica era soggetta a una terribile siccità, eccetera.
Il rito terminale di compimento, secondo gli Oracoli caldaici, si chiamava anagogé e coronava le pratiche teurgiche consentendo di accedere ad una condizione permanente di immortalità divina.