La notte
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Spigolatura
Notturne seduzioni faustiane
Gus am bris an la, agus an teich na sgailean [1].
Ariele, Ariele, Ariele!
Ecco il mantram di questa notte così pacificata e leggermente ventilata, un soffio parco e vibrante ad un tempo. Non ti ascoltano, vero? Peccato! Ecco, questo sì che è un vero peccato! È proprio una questione di vita o di morte, di una vita sconosciuta e di una morte che è paralisi, e, nesciente, giudica e si riconosce solo in un pallido riflesso acqueo che svanisce svaporando.
Nella notte più buia, senti all'unisono il suono assordante di un silenzio che si fa profondo, abissale; i cuori finalmente si liberano e si librano nell'aria di Ariele.
Apertura dello sguardo in tondo e dalle orecchie neonate lampi e tuoni e toni cromatici cangianti: il grande mutamento, la vera legge, il nomos, già destinato in lingua greca a perseguire e perseguitare con il suo pungolo mortale ogni essere in esistenza, chiamata Nemesi.
Sycorax ti imprigionò nel tronco di un albero. Ora, liberato dall'incantesimo, concedi, prospero, i segreti “dell’alba dell'etere”:
«Insinuatevi nei calici
dei fiori, zitti, più in fondo,
tra le pietre, sotto la fronda!
Vi fa sordi, se vi giunge».
[1] Espressione gaelica desunta dal Cantico dei Cantici II,17: “In attesa che sorga il sole, e si diradino le ombre della notte”.