La trasformazione
- Categorie: La trasformazione sei in Olismo
Antropo-poiesi e koino-poiesi
Mutamenti antropologici - Servono nuovi codici di sintesi
La vita è caratterizzata, nel suo specifico essere, dalla trasformazione; si potrebbe dire che ha nel suo DNA il mutamento di forme.
Per fare un esempio, riferiamoci all’essere umano: semplificando, abbiamo che dall'embrione si passa al feto, dal feto al neonato, dal neonato al bambino, dal bambino all'adolescente, dall'adolescente alla persona adulta, dalla persona adulta all'anziano, dall'anziano al cadavere. Trasformazioni profonde e integrali succedono da una tappa all'altra – in misura minore, ma poi neanche tanto minore, anche all'interno delle singole tappe biografiche, evidenti e radicali nella scansione dei settenni –, mondi completamente diversi, vere e proprie metamorfosi. Nonostante la persona sia la stessa! Il DNA del bruco, della crisalide e della farfalla è lo stesso; le forme completamente diverse. Proprio in questo Parmenide ed Eraclito si conciliano: continuità nella discontinuità e discontinuità nella continuità.
Le scansioni principali di queste trasformazioni radicali sono state studiate a fondo dall'etnografia e dall'antropologia culturale che ci insegnano quanto una sapienza atavica primordiale e del tutto istintiva sia presente in tutte le culture tribali. Le varie scansioni biografiche venivano accompagnate da una ritualità specifica, di carattere iniziatico, e costituivano il collante socio-politico-religioso delle antiche culture.
I riti di passaggio, i riti iniziatici non erano solo una questione privata, biografica, ma anche sociale, di appartenenza a un gruppo suddiviso in vari compartimenti ai quali si poteva accedere solo dopo aver superato delle prove e partecipato all'adeguato rito di passaggio che includeva spesso una trasformazione anche del corpo (riconoscimento simbolico).
Oggi tutto questo è oggetto di studio per gli addetti ai lavori, ma non ha più nessun valore fondativo del nostro sociale, se non pallidamente metaforico e formale in contesti più che altro di tipo religioso, ma anche politico-economico, educativo, lavorativo, da cui è escluso, però, quasi per intero, il relativo contenuto sapienziale, sostituito da formalismi intellettuali e piani di razionalizzazione e di efficienza procedurale.
La trasformazione personale implicita nei suddetti primordiali riti di iniziazione – dalle prove richieste se ne usciva profondamente trasformati (morte e rinascita1) –, si è trasferita all'esterno. La visione antropologica moderna ha fatto sì che l'uomo si sia concentrato, a partire dal quattro-cinquecento, quasi esclusivamente sul mondo esterno, fatto di sostanze atte ad essere trasformate in strumenti tecnologici.
Negli anni sessanta, quando ero piccolo, ricordo che in casa di mio nonno esisteva la radio; il televisore era presente nella nostra casa, ma i nonni non l'avevano. I programmi televisivi erano in bianco e nero e, se non ricordo male l'orario, verso le ventitré le trasmissioni finivano con quel meraviglioso brano musicale che ancora ho nella mente e che, fortunatamente, mi ha introdotto nel sonno per un periodo di tempo molto lungo: si tratta di Saturno di Roberto Lupi2. Inoltre, io e gli amici passavamo gran parte della giornata nei boschi e costruivamo le “case” sulle piante. È cambiato qualcosa? Tutto! La tecnologia è oggi pervasiva, ci accompagna lungo tutta la giornata. La sua utilità è innegabile, ma bisognerebbe anche riflettere a fondo sul rapporto fra mondo reale e mondo virtuale, non moralisticamente, ma al fine di produrre conoscenze ulteriori in grado di trasformare visioni parziali e unilaterali, in un senso o nell'altro, in capacità creative ed evolutive per il bene di tutti.
La trasformazione è il “segreto manifesto” della vita: trasformiamo cibo, emozioni, sentimenti, pensieri in oggetti, relazioni, facoltà. Guardiamoci attorno e domandiamoci: da quali oggetti siamo attorniati? Quali sono le nostre relazioni con le altre persone, con l'ambiente e con la vita in generale? Quali capacità abbiamo sviluppato o ci interessa ancora sviluppare, e in quale misura le stesse vengono da noi espresse per il nostro bene e per il bene comune? Porsi queste domande sarebbe forse l’inizio di un piccolo “mutamento” antropologico; in una prospettiva euristica lo è sicuramente.
Un'apertura al flusso incessante e indeterminato della vita che tenga nel dovuto conto quanto ancora si possa imparare dalla stessa, sempre e in ogni momento, trovo sia una possibilità positiva di rigenerazione personale, voluta e consapevole e pregna di forze immaginative, ispirative e intuitive (antropo-poiesi), che inevitabilmente si rifletterebbe sul sociale (koino-poiesi), rigenerandolo e orientandolo armonicamente verso una nuova forma antropologica e di organizzazione socio-politico-economica rispettose e coscienti dei fattori umani integrati tra loro e nella loro relazione e connessione culturale, ambientale e cosmica.
1 - Stefano Allovio, Riti di iniziazione, 2015
2 - https://m.youtube.com/watch?v=wHPxl1Osgmw