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Tempi pari e tempi dispari
Razionalità e istinto musicale
di Franco Ferramini - PRIMA PARTE
«I musicisti sono matematici, sono dei logici con l’acqua alla gola e anche inquilini di quell’universo sfitto, che non potrebbe abitare la parola». Così inizia la bellissima canzone «I musicisti», tratta dall’album «Extranei» del 1980 di Claudio Lolli.
Mai frase fu meglio azzeccata per sottolineare quanto sia importante il rapporto tra matematica e musica, quanto siano importanti i numeri per un musicista, nella necessità di sviluppare nella mente un’abitudine alla razionalità che sfoci nella passione, nel sentimento o, spesso, nel virtuosismo estremo fine a se stesso.
Tempi di tre quarti, di quattro quarti, quel consueto «one… two… three… four…», in inglese o in italiano, col quale si raggruppano le forze di un gruppo musicale da parte del leader all’inizio dell’esecuzione di un pezzo, ci sono famigliari nell’ascolto quotidiano della nostra musica, di qualunque genere essa sia. Frazioni aritmetiche, tempi pari o tempi dispari, accenti messi ad arte in una sequenza numerica di note, intere o frazionate, sviluppano a partire da un calcolo numerico ben proporzionato un ascolto fluido dei suoni, in quel miracolo che si rinnova da quando esiste l’essere umano, quella «musica che gira intorno» come dice il grande Ivano Fossati.
Nel ballo si rappresenta il corpo che si muove interpretando la musica, il corpo diventa musica; i ballerini devono contare mentalmente per adeguarsi al ritmo della musica, sincronizzando i propri movimenti. Tutto deve andare a tempo, e il tempo si conta coi numeri, non si scappa. Forse che i numeri siano alla base addirittura della vita stessa? Forse non solo quelli, l’esistenza su questa terra è determinata da molteplici altri fattori, ma nella musica i numeri sono tutto. Anche se il grande Franco Battiato, in uno dei suoi dischi del filone 'sperimentale', sorprendentemente pubblicato durante il pieno dei suoi successi commerciali nell’anno 2000, dice nel sottotitolo che «1 num3r1 non 51 possono amar3». Il disco è «Campi magnetici» e no, non preoccupatevi, non ho scritto un refuso nel sottotitolo senza accorgermene, è proprio scritto così.
Forse il rapporto tra numeri e arte in genere è conflittuale, rappresentando la razionalità incanalata in binari obbligati contro l’espressione umana che dovrebbe essere, quando è vera arte, la più libera possibile. È lo stesso cantautore siciliano che nella sua canzone «Voglio vederti danzare» tratta dall’album «L’Arca di Noè» del 1982 dice «…nell’Irlanda del Nord, nelle balere estive, coppie di anziani che ballano al ritmo di sette ottavi…». In questo capolavoro di Battiato si elencano una serie di situazioni di ballo in giro per il mondo dai ritmi pari ai ritmi dispari, con una prevalenza per questi ultimi, sottolineata dalla musica stessa della canzone. Perché il ritmo dispari è quello del mondo non propriamente occidentale, anche se nella musica colta o popolare che sia spesso si ritrova, soprattutto nel ballo, questa tipologia tempistica nello spartito. Nel 1978 il tempo usato nella composizione divenne il titolo di un bellissimo brano di Riccardo Zappa: «Tre e quattro quarti» si dipana in melodie chitarristiche di eccellente fattura, in dissolvenze elettroniche che fanno capire che la tecnologia si può certamente usare in ambito musicale, quando la maestria compositiva ed esecutiva è al massimo livello. Dalla data di composizione del suo brano, tratto dall’album «Celestion» del 1977, molto poco si è imparato negli anni successivi per l’utilizzo costruttivo delle tecnologie musicali; fino ad oggi, con l’esecrabile, noioso, petulante ed orrendo autotune, ficcato nella stragrande maggioranza dei pezzi dai campioni della canzone' attuali, per coprire le evidenti carenze degli iper-tatuati interpreti dei nostri giorni. Certo, mi rendo conto che è come paragonare il vino buono con l’aceto…
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[ sarà pubblicata il 9 settembre 2023 ]