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Voi siete dei
La teandria come possibile futuro
di Egidio Missarelli
Ormai da molti anni, la frase biblica (Salmo 82,6) ed evangelica (Gv. 10,34) "Voi siete dei", θεοι εστε (theòi estè), mi ha stimolato pressoché infinite riflessioni sul senso dell'essere uomo e sul suo divenire; è nelle mie intenzioni far partecipe il lettore di alcune di esse, nella speranza che possano servire da stimolo per ulteriori approfondimenti.
Di primo acchito sembrerebbe che questa frase sia stata pronunciata da una persona esaltata, affetta da allucinazioni mistiche, disturbata nella psiche, alla quale si possono riservare le migliori cure che la nostra scienza psichiatrica ha elaborato per soggetti così bizzarri, ma sicuramente, nel migliore dei casi, da ridicolizzare e stigmatizzare come fuori dal mondo, fanatica e poco pratica.
Da un altro punto di vista può essere sensato considerare la frase come esagerata, dato il fatto che gran parte delle persone che frequentiamo o che conosciamo non ci sembra che la giustifichi, ma anzi molte volte siamo tentati di pensare il contrario! Non si dovrebbe però mai trascurare il senso di mistero presente in ogni incontro, ricco di infinite sfumature e "miracoli" passibili di contenuti ancora tutti da scoprire e da realizzare in un "oltre" coperto nel presente da nescienza, ignoranza, pregiudizi, schemi ecc. Non si dovrebbe neppure trascurare il concetto di evoluzione, che a sua volta comporta l'adozione di altri due concetti, aristotelici e scolastici: potenza e atto. Il bambino è un adulto in potenza mentre l'adulto lo è in atto; allo stesso modo, e nella prospettiva del "voi siete dei", possiamo dire che l'adulto è un dio in potenza e l'evidente gradualità della coscienza umana ci può portare a pensare il suo esito finale come coscienza divino-umana o teandrica. A mio giudizio, questo percorso di pensieri è coerente con il concetto di evoluzione, perfino nell'ottica darwiniana.
Le rare anime poetiche, e le molte aspiranti tali, apprezzeranno senz'altro i voli pindarici racchiusi nei seguenti versi dell'epopea Savitri di Sri Aurobindo e si vedranno confermate nella convinzione che alcuni uomini si sono, per così dire, dati da fare nel cammino evolutivo coerente con il "voi siete dei":
"Grandi scale di pensiero salgono ad altezze eterne
Ove il crinale del tempo tocca i cieli dell'eterno
E la Natura conversa con lo spirito assoluto."
[I.II.XI.163-165]
Inoltre, se vogliamo dar credito all'Apocalisse, possiamo dire che il futuro è già passato, nel senso che ciò che appartiene all'umano nella rivelazione divina si fa presente e si esprime nelle grandiose ed enigmatiche immagini del testo. Il problema è capire come conciliare le profezie dell'apocalista con la libertà umana.
La coscienza divina abbraccia il tutto del tempo, mentre quella umana si svolge tra passato, presente e futuro: secondo l'affermazione "voi siete dei", la potenzialità dell'uomo è quella di porsi nell'eterno, al pari di un dio e questo implica la capacità di abbracciare la sequenza temporale, inverando così la rivelazione apocalittica. Non la paura, ma l'amore – quello che Dante descrive mirabilmente nel verso finale della Divina Commedia come "l'amor che move il sole e l'altre stelle" – è la possibilità che ogni uomo ha di scegliere in libertà se realizzare le sue proprie intuizioni o se ometterle: personalmente, nell'universo intero, non trovo niente di meglio! E con questo la nostra riserva su come conciliare la profezia apocalittica e la libertà umana si scioglie e trova la sua risposta.
Detto in altri termini, il futuro possiamo caratterizzarlo come ciò che ancora non abbiamo capito, non c'è altro futuro, e l'esperienza dell'incarnazione umana serve per sviluppare comprensione nei confronti del tutto e per far seguire alla stessa gli atti di volontà conseguenti. L'ampliamento della coscienza dell'uomo, nella sua fase compiuta, comporta la responsabilità divino-umana di creare mondi a propria "immagine e somiglianza" su piani esistenziali diversi da quelli che conosciamo ora, densi e oscuri; la conoscenza trasforma ciò che ci appare reale – ma che se oggi c'è e domani è destinato a sparire tanto reale non è – nella realtà eterna di ciò che permane, superando non solo il concetto di morte, ma la sua presenza stessa.
Riporto, come sintesi delle riflessioni precedenti, una meravigliosa poesia di Mario Luzi perché, nella medesima, Luzi è riuscito, secondo la mia personale interpretazione, a cogliere nell'attimo descritto – l'occasione è l'eclissi solare dell'11 agosto 1999 – l'intera evoluzione dell'uomo e della Terra.
Un minuto nel tempo
Che ordine nell'universo
e nel pensiero che lo pensa.
Dopo l'affronto, dopo
la periodica contesa
vengono luce e tenebra
a una breve
tenebrosa, coincidenza.
Dopo poco lo sgomento dei viventi,
poco però assai più a lungo
del letale anneramento.
Prendono nuovamente vita e luce
al rifulgere del loro
spaventoso zero. Tripudiano.
Pure com'è difficile cacciarlo
l'ipotetico pensiero
che l'ombra dell'umano
oscuri, luna nera,
la luminosità solare
dell'essere e che un giorno
una cimosa astrale
vi passi sopra definitivamente e splenda.
Difficile, ma spero di tenerlo a bada, devo.
Tutti noi dobbiamo.