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La meditazione
La decentrazione è il mezzo per difenderci dai pensieri negativi
di Cristiano Cappellari
Il termine "meditazione" rende diffidenti parecchie persone; la nostra cultura è piena di pregiudizi e idee non corrette sulla meditazione e sulla sua reale utilità. Non significa aspirare ad uno stile di vita New Age ed inserirlo come un corpo estraneo nella nostra esistenza; nemmeno equivale ad evocare civiltà e culture lontane nello spazio e nel tempo.
Nella psicologia moderna la meditazione ha un significato preciso: indica un modo di funzionare della mente basato sul controllo dell'attenzione che ha importanti effetti sia a livello fisiologico e corporeo sia sui pensieri e sulle capacità cognitive. Jon Kabat-Zinn, il più importante divulgatore in Occidente delle tecniche di meditazione, la definisce "la pratica di mantenere desta l'attenzione momento per momento"; Daniel Goleman, psicologo e autore del best-seller L'intelligenza emotiva, dichiara: "la meditazione è, nell'essenza, lo sforzo di riaddestrare l'attenzione". Non si tratta invece di una pratica mistica, sebbene storicamente si sia sviluppata in contesti religiosi, in particolare quello buddista; non è una "fuga dal mondo" .
Perché quindi la meditazione è un potente veicolo di benessere personale? Rappresenta la capacità di non reagire ai contenuti della mente come se fossero realtà. Noi tendiamo a confondere i nostri pensieri sulla realtà con la realtà stessa. Nella tradizione buddista c'è un insegnamento chiamato "uomo delle due frecce". Un uomo viene ferito da una freccia e, invece di reagire per capire cosa fare per salvare la propria vita, comincia a lamentarsi della propria sfortuna e a imprecare. L'uomo viene così colpito da due frecce: la prima produce la sofferenza fisica e reale, ma la seconda è legata ad una sofferenza che l'uomo si è autoinflitta.
Occorre comprendere che i pensieri sono solo pensieri, mentre la nostra reazione si basa sulla convinzione che essi siano la Realtà con la R maiuscola. Meditando ci si accorge che i pensieri vanno e vengono, ma spesso noi reagiamo ad essi emotivamente e attuando comportamenti e azioni. Neutralizzando le reazioni, "distanziandoci" o "decentrandosi", per utilizzare il linguaggio di Kabat-Zinn, anche il pensiero finisce per dissolversi. Questo accade soprattutto per gli stati d'animo negativi: in genere siamo poco capaci di affrontarli. Il nostro modo abituale di reagire nei loro confronti è duplice. Sul piano del comportamento ci distraiamo e intraprendiamo un'altra azione che ci permette di nascondere il disagio: telefoniamo ad un'amica, apriamo il frigo, tormentiamo un collega, ci mettiamo davanti alla tv. Troviamo faticoso prestare attenzione a ciò che non è piacevole, cerchiamo di proteggerci da troppa realtà. Sul piano cognitivo i pensieri negativi, se non vengono riconosciuti, innescano dei meccanismi automatici che producono altri pensieri negativi e sensazioni fisiche spiacevoli in un crescendo di distruttività. La noncuranza di questi processi mentali rinforza a livello neurologico le reti che li sottendono. È a questo punto che i nostri pensieri trasformano le situazioni in problemi. La pratica meditativa permette di riconoscere i pensieri che originano le reazioni sgradevoli, di prenderne coscienza senza reagire ad essi. È come dire a sé stessi: "Oh, ecco di nuovo la paura" o la rabbia, ma senza dover agire di conseguenza. La capacità di decentrarsi è l'attitudine ad accettare sentimenti spiacevoli, a rimanere distaccati dai propri pensieri, osservandoli non come "cose" oggettive. Chi è in grado di decentrarsi vive i pensieri per quello che sono, non li considera copie fedeli della realtà, non si identifica con essi. La pratica meditativa è inoltre efficace per contrastare gli effetti fisiologici dello stress, in quanto regola la produzione di cortisolo e di noradrenalina, tra i più importanti ormoni legati allo stress cronico; aumenta la serotonina, l'ormone del "buonumore"; diminuisce la pressione sanguigna; migliora la produzione del glucosio nei pazienti diabetici; migliora le difese immunitarie.
La pratica meditativa, pur prevedendo numerose tecniche, è sorprendente nella sua semplicità. In estrema sintesi occorre dirigere costantemente la propria attenzione al respiro osservando i contenuti della nostra mente e il cambiamento nel nostro rapporto con loro. Se la mente vaga, bisogna osservare ciò che la distrae e, con delicatezza, riportarla, sul respiro. L'obiettivo non è quello di impedire alla mente di vagare, ma più semplicemente osservare il suo comportamento. Se la mente si distrae cento volte, occorre riportarla indietro cento volte. Il vagare in sé non è qualcosa di sbagliato, se ci pensiamo è l'attività propria della mente. Il problema è il rapporto che abbiamo con questo vagare.
Sarebbe utile programmare degli spazi di tempo nell'arco della giornata per meditare. L'obiettivo è che gradualmente si diventi capaci di estendere l'atteggiamento mentale della meditazione in tutti i momenti della giornata. L'importante è non vedere lo spazio che si dedica alla meditazione come qualcosa di "altro" alla nostra vita.