I colori
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Fuori e dentro
Senza colori nulla è poesia
di Gina Grechi
Pensavo a Marilla. Lei è la mia amica intelligente. Per questo ha: un nome da coccinella – uno spiccato senso dello humor – una saggia maniera di non giudicare – una casa piccola da pulire ma moltissimo accogliente.
Un destino insulso e beffardo ora la vuole praticamente cieca perché senza preavviso, in un giorno qualsiasi, un virus (?) vestito di buio, ha bussato ai suoi occhi.
– La cosa più terribile, – mi confessa una mattina – è che il mondo nuovo in cui vivo non ha più colori.
Io ho sempre immaginato che il "mondo senza colori" fosse quello delle guerre e per allontanare la visione di una sbiadita quotidianità, ho cercato di convincermi che, tutto sommato, ogni cosa intorno riesca a conservare il proprio senso anche in bianco e nero. E allora cosa può esserci di così terribile in un paesaggio senza rossi e gialli e verdi e azzurri?
Poi ho acquistato un libro dove, per caso, leggo:
«Passeggiare certe mattine in campagna, quando la luce è calva come un sasso di fiume, non è soltanto un esercizio di stile; la mia potenza la mia insufficienza di uomo, la misuro col metro dei colori d'autunno. E la luce che varia. L'altezza afflitta del cipresso. La scapigliatura di erbe lunghe, ad esempio: hanno un loro colore savio ma ingenuo, quasi il saio di un frate, “sempre si more” pare che dica, e poi gli aceri i roveri, le acacie irsute, la gentilezza slava delle betulle, i gelsi tarchiati, guardie confinarie tra un campo e l'altro di mais; e sono gialli fastosi, ocra discreti, e l'arancio s'incendia di rosso, il rosso si finge amaranto, l'araldica rara che rende più nobile il verde. Per quanti amaranti c'è un nome, per quanti toni di verde, per quanti celesti c'è un nome? Qualche volta mi sforzo e serro le palpebre come di miope o navigante o pittore, ma basta una brezza e dispone un giallo dove prima era verde, con la rètina e, peggio, la penna che in superficie non coglie che crespe, mentre dietro quel muro impassibile sta tutta una peripezia d'elettrone.
Tuttavia esiste, quel nome, ed è un atomo anteriore alle cose e ogni colore non còlto si chiama distanza, ogni sguardo che coglie si chiama poesia.»
È di Pierluigi Cappello, "Il Dio del mare".
... E il silenzio assoluto si è impadronito di me. Il buio adesso è anche nella mia testa, in fondo alla mia gola, sotto la mia lingua.
Perché ho capito che in un mondo senza colori, manca la poesia.