La famiglia
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La mia famiglia
La volontà di restare uniti
di Gina Grechi
Di mia mamma non scrivo mai perché è troppo viva per essere raccontata; come quando si osserva un dipinto da molto vicino e non si riesce a coglierne la prospettiva.
Dovrei smettere di guardarla quotidianamente e dispormi a vederla con gli occhi dell'anima, ma è ancora presto per sottrarmi alla sua indispensabile compagnia.
Della grandezza di mio padre parlavo, parlavo... parlavo sempre, parlavo troppo; in maniera certamente ossessiva: come se, solo 'dicendola', potessi davvero ossigenare i miei polmoni avidi d'aria e bellezza... Così, un anno fa, ho inaugurato l'abitudine di elencare, quasi ogni giorno, i suoi innumerevoli difetti, ma in questo modo, sono comunque inciampata nella necessità di nominarlo costantemente.
I miei fratelli sono 'perle del cuore', come direbbe la mia amica poetessa. Li vivo soprattutto nella memoria felice di quando eravamo bambini. Da molto piccoli, o meglio, da feti, io e Alessandro (Ciacio), abbiamo condiviso, senza diverbi, il caldo e accogliente ventre materno: forse ricordo una delicata, piccola, schiena sulla quale appoggiavo la nuca per sognare più comoda. In seguito, gemelli anche nel linguaggio verbale, ci siamo proiettati in un universo parallelo a quello degli adulti e dei nostri coetanei, un mondo in cui molte cose, avevano un nome inventato da noi. Quando anche Andrea (Nanni) ha scoperto la strada di casa, il trio 'brothers' Grechi, ha iniziato davvero a 'diffondere musica', conquistando l'affetto di parenti e amici. Siamo stati bambini solari e sempre allegri. Bambini fortunati, circondati dalle attenzioni amorevoli di due nonni mitici e indimenticabili e di una nonna meravigliosa e pittoresca.
Insieme, il nonno Libero e il nonno Lino, erano esattamente come Stanlio e Ollio: spesso, ad esempio, si cimentavano nella riparazione di qualche arredo domestico, e discutevano per minuti perché ognuno di loro voleva far valere la propria teoria ingegneristica. Di tanto in tanto, seduti attorno al tavolo della cucina, parlavano dei 'tempi passati', oppure partorivano nuove scoperte matematico-scientifiche, come quella che li vide per la prima volta uniti in una convinzione che sconvolse la famiglia perché sosteneva che il numero 8... fosse dispari!!!
La nonna aveva un pessimo carattere ma un profumo incantatore. Quando lo spirito del polemismo non s'impadroniva di lei, era dolce, premurosa e divertente. La sua mentalità moderna ci rendeva complici in molte situazioni: da lei ho imparato a lavorare a maglia, a sistemarmi le unghie, a impastare la torta di pane, a giocare a carte e a riconoscere i truffatori. Ogni tanto, a merenda, mi preparava una 'michetta' condita con olio sale e aceto. Se oggi fosse qui, le mostrerei «Il Paradiso delle Signore», una serie televisiva che la farebbe certamente sognare.
'Il senso della famiglia', così mio padre mi ha insegnato ad identificare la volontà di restare uniti, nel bene e nel male, tra consanguinei e parenti acquisiti. Credo che lo «Spirito del Capobranco», oggi che il papà non è più con noi, realizzi la propria forza nell'agire di mio fratello Andrea che difende con intelligenza e dolcezza la preziosità di un viaggio condiviso.