La montagna
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Il Re della Alpi
Walter Bonatti
di Franco Ferramini | SECONDA PARTE
Walter Bonatti e Eric Abram, K2, 1954
C’è una pratica sportiva nella quale il sogno assume una dimensione preponderante, spesso diventa quasi un’ossessione.
In seguito Walter affrontò altre imprese sul Monte Bianco, fino al 1958 e poi la Patagonia. Bonatti e Carlo Mauri tentarono l’inviolato Cerro Torre, il «Grido di Pietra» dal film di Herzog, ma non vi riuscirono, conquistando tuttavia numerosi altri 'cerri' di quei posti difficili e incantati, sogno di tutti gli alpinisti. Sempre nel 1958 Walter tornò sul Karakorum, raggiunse la vetta del Gasherbrum IV, 7925 metri senza bombole di ossigeno. Nel 1961 avvenne la tragedia del Pilone Centrale, una tragica spedizione in cui si incontrarono Bonatti, Oggioni e Gallieni e una cordata francese (Mazeaud, Guillame, Vieille, e Kohlmann). Sopravvissero solo Bonatti e Mazeaud, e alla fine si scatenarono accese polemiche di chi incolpava il nostro per aver privilegiato la propria vita a scapito di quella degli altri. Una vicenda che gli farà scrivere nel suo libro «I giorni grandi»: «Posso assicurare che la violenza morale che ‘l’uomo civile’ sa infliggere, non è per niente inferiore a qualsiasi altra violenza fisica. Questo io l’ho provato e pagato fino in fondo». Le parole di Pierre Mazeaud in seguito scagionarono in pieno Bonatti da tutte le false accuse, riconoscendone in pieno il grande valore e il suo tentativo estremo di portare in salvo tutte le vite di quella sfortunata spedizione.
Nel 1964 ricordiamo la scalata del Grandes Jorasses, fino al canto del cigno del Bonatti alpinista, mentre nel 1965 l’ultima sua enorme impresa su roccia: la solitaria invernale sulla parete nord del Cervino. Tre record in uno: la prima ascesa in solitaria di quella parete, la prima salita invernale della stessa e l’apertura di una nuova via. Questa impresa in seguito per la sua difficoltà non molti riusciranno a ripeterla, e gli varrà la Medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica. Bonatti a 35 anni chiuse così in piena forma fisica la sua carriera di alpinista estremo: una scelta saggia, determinata da chi ha visto di tutto sui suoi monti e fuori da loro (anche la crudeltà e la cattiveria di cui di sa macchiare l’essere umano in certe situazioni), da chi sa che non è possibile sfidare la morte in continuazione, da chi è conscio che in alcuni frangenti è stato salvato dal proprio fisico eccezionale o semplicemente dalla fortuna.
La Nord del Cervino, d’inverno e da solo: 55 anni fa l'impresa di Bonatti
Iniziò così la carriera di Walter Bonatti come reporter-esploratore; dopo avere girato il mondo in verticale abbarbicato su pareti, ora sarà per lui la volta di un girovagare per angoli sperduti del mondo, stavolta in orizzontale. Chi scrive, allora bambino, ha un ricordo nitido di quel periodo, quando divorava gli articoli scritti da Bonatti sulla rivista «Epoca». Giravano per casa quelle copertine, con meravigliose foto e testi di reportage in giro per il mondo, e da bambino conobbi quest’uomo in quel modo, e ne rimasi affascinato. Rimasi colpito da quelle testimonianze di avventura umana mai fine a se stessa, ma sempre rivolta alla conoscenza quasi filosofica del mondo in cui viviamo. Confini dell’uomo e del mondo esplorati da chi, all’età di trentacinque anni, aveva già avuto modo di conoscere sia l’uno che l’altro per le sue asprezze o per le sue dolcezze, e ora continuava la sua ricerca interiore in un altro modo, spiegandola e mostrandola agli altri con insegnamenti di vita mai banali.
Nel 1980 Walter incontrò l’amore in età ormai matura, fu quando conobbe Rossana Podestà. Nel 1979 l’alpinista divorziò dalla moglie Giulia Carron-Ceva con la quale era sposato dal 1972. La Podestà (1934-2013) era un’attrice affermata in campo internazionale. Nella sua carriera girò una sessantina di pellicole. Era una delle più famose attrici italiane di sempre. Lei raccontò che durante un’intervista le chiesero chi fosse l’uomo con il quale le sarebbe piaciuto vivere su un’isola deserta, e rispose: «Walter Bonatti». L’uomo non si fece sfuggire l’occasione e organizzò un incontro. Curioso fu il ricordo di Rossana Podestà che raccontò il loro primo appuntamento a Roma: Walter si perse e sbagliò il luogo, e lei lo aspettò a lungo, per poi rimproverarlo bonariamente con un «Ma come… hai girato il mondo nei suoi angoli più sperduti e ti perdi a Roma?». In quell’occasione lei capì che quello che sarebbe diventato il suo compagno fino alla fine dei loro giorni, ma non era evidentemente un uomo adatto alla città. Iniziò per lei con lui una vita da montanara ed esploratrice, lei che fino a quel momento era digiuna di montagna e appassionata di mare. Ma si sentiva sicura, andare all’avventura con Walter Bonatti era un affidarsi in mani esperte ed amorevoli, che mai l’avrebbero messa in pericolo, a costo di sacrificare la propria vita.
Così fu quel tenero e maturo grande amore, col tempo diviso tra viaggi, la casa di Roma, la villa all’Argentario e il 'buen retiro' nella casa di Dubino, nella nostra Valtellina. Fu un vero grande amore fino alla morte di Walter avvenuta il 13 settembre del 2011. Straziante è il ricordo di Rossana degli ultimi giorni di Walter e dell’impossibilità per lei di esserle vicina in sala di rianimazione, in quanto non sposata e quindi non ufficialmente 'parente'. Una legge degli uomini ingiusta, che non ha permesso a lei di far sentire la sua presenza a lui negli ultimi passi della sua vita; una crudele assurdità, di cui si è afflitta fino alla fine dei suoi giorni. Come capita in molte coppie unite da un grande e vero amore, Rossana non è sopravvissuta molto rispetto al suo amato: morì il 10 dicembre 2013.
Ho avuto il privilegio e l’onore di conoscerli nella loro casa di Dubino in più di un’occasione. Una bellissima casa sviluppata in verticale (e come potrebbe essere altrimenti), con un grande giardino, all’interno oggetti e soprammobili vari provenienti da tutto il mondo e uno studio-biblioteca che poteva sembrare quello di uno studioso, uno scienziato geografo ed esploratore di altri tempi. Incontri quelli che rimarranno per sempre indelebili nella mia memoria. Grazie all’attività che svolgevo in quegli anni, mi capitò di incontrare Rossana Podestà e in quell’occasione mi diede l’impressione di essere una donna discreta, gentile e 'con i piedi per terra', nonostante frequentazioni ed esperienze non certo alla portata di tutti, quella che si dice 'una bella persona'.
Walter Bonatti e Rossana Podestà
Quella prima volta Walter non c’era, ma la seconda mi capitò di incontrarlo e non riuscii a nascondere una certa emozione. Lui invece mi mise perfettamente a mio agio. Aveva probabilmente da poco finito di pranzare, la bottiglia di vino era ancora sul tavolo ed era in casa da solo. Finalmente ebbi l’occasione di dimostrargli tutta la mia ammirazione, ricordandogli il mio primo incontro mediatico con lui, da piccolo sui fogli patinati di «Epoca», con quelle meravigliose fotografie a colori di situazioni e luoghi della terra lontani, qualcuno ancora inesplorato. Mi chiese se volevo un caffè, mentre io riflettevo su quale occasione straordinaria stessi vivendo, ovviamente accettai. Notai in lui un certo giustificato compiacimento nel raccontare alcuni episodi della propria vita, un personaggio storico dell’alpinismo italiano che parlava a casa sua davanti a un ammiratore e a un buon caffè. Ricordò tra gli altri l’episodio del Petit Dru, di quanto si fosse sentito solo e perduto in quei lunghi momenti, fino a quando venne il momento di salutarlo. Ricordo la sua stretta di mano forte, cordiale e 'nodosa', una manona. Forse, ho pensato io, una conseguenza del freddo estremo patito alle altitudini da lui toccate.
La terza volta a casa Bonatti-Podestà lui non c’era più. Lei era rimasta sola e stava montando insieme alla regista Paola Nessi il documentario «W di Walter», uno struggente ricordo del compagno ricavato in parte da documentazione video inedita trovata sistemando le sue cose, frammenti di pellicola dimenticate nel garage. Lei fu ancora una volta gentilissima, mostrandomi in anteprima alcune parti del documentario. Pochi mesi dopo morì, seguendo il suo amato. Walter Bonatti fu un grande italiano, un uomo che fece dell’avventura la sua ragione principale di vita, ma che conobbe anche a fondo la profonda ed innata malvagità che può annidarsi nell’essere umano. Il «Re delle Alpi» fu però soprattutto un uomo, e non dimenticò mai di esserlo, trovando negli ultimi trent’anni della propria vita una grande donna, una compagna con la quale riuscire ancora a vivere esperienze indimenticabili. Ci mancano.